Tra i giovani della 65esima edizione del Festival di Sanremo troviamo un nome tra tutti che non è nuovo alle selezioni pre Ariston, ovvero quello di Erika Mineo in arte Amara.
La cantante toscana infatti ha vinto per ben quattro volte il concorso Area Sanremo nelle edizioni dal 2008 al 2011. Quest’anno ci ha riprovato con il brano “Credo” che l’ha portata a concretizzare il sogno del palco dell’Ariston.
Collegandomi proprio al titolo del tuo brano: non hai mai smesso di crederci, vero?
«Mai: dentro di me c’è sempre stata una voce silente che mi diceva di riprovarci, di rialzarmi e andare avanti. Gli altri magari pensavano fossi matta e invece no, avevo ragione!»
È cambiata la direzione artistica e sono cambiati anche i risultati, almeno per quanto ti riguarda. Cosa pensi del conduttore e delle “vallette” di quest’anno?
«Penso che abbiano puntato non solo su ragazze belle ma anche su due cantanti preparate e con un’importanza a livello nazionale. Per quanto riguarda Carlo Conti lo ringrazio di cuore, così come ringrazio chi mi ha selezionata insieme a lui: nessuno si è lasciato influenzare che fosse per me la quinta volta che arrivavo negli otto finalisti e questo per me ha grande importanza.»
Il primo che ha creduto in te è stato Carlo Avarello, che ricordiamo per essere il produttore della Molinari e di Rubino. Chi è per te?
«Io dico sempre che è il numero 1. Ho avuto la fortuna di incontrare penso l’unico produttore che quando si innamora di un progetto lo porta avanti non per uno scopo economico ma perché lo ama e tratta come un figlio. Se non ci fosse stato lui non so come sarebbe andata: è importantissimo avere un padre in musica perché questo mestiere è pieno di sconfitte e delusioni.»
Cosa pensi degli altri cantanti che sono stati selezionati con te?
«Siamo 8 generi completamente diversi, ognuno con una personalità opposta. In fondo però sento che ognuno fa musica e la a molto bene. Ognuno porta se stesso, ci sono anche due ragazzi molto piccoli, ma sinceramente non si sente la loro tenera età.»
E dei big invece?
«Le presenza di quest’anno mi fanno venire in mente solo una cosa: c’è stato un rinnovamento.»
Perché hai scelto “Amara” come nome d’arte?
«L’amarezza non è solo negativa, ma è ciò che ti lascia un’esperienza di vita. Ad ogni batosta ho sentito che la mia voce si vestiva di amarezza, nonostante il tempo passato non è per me mai stato tempo sprecato. Ecco quindi che ho deciso di vestirmi da Amara che altro non è che il risultato di questo mio percorso.»
Durante la settimana del Festival uscirà il tuo primo cd “Donna Libera”, cosa racconti in questo album?
«Ho sottolineato quanto ci obblighino a vivere in canali, in strutture. Ognuno di noi però è un elemento a sé e, nel rispetto assoluto deve vivere come noi. Siamo prigionieri di un sistema, ma dobbiamo imparare cosa sia la libertà, la vera libertà.»
Cosa ti aspetti dal Festival?
«Ho imparato dalla vita a non avere più aspettative, voglio solo cantare su uno dei palchi più vecchi e importanti d’Italia sentendomi una bambina. L’unica cosa in cui spero di riuscire è lavorare in questo settore. Io sogno i live, sogno San Siro!»