Alessandro Colizzi è uno scrittore, regista e sceneggiatore Italiano. Nato a Roma, classe 62, Colizzi è laureato in Storia e Critica del Cinema. Il prossimo 25 giugno uscirà nelle sale il film da lui diretto “Crushed Lives – il sesso dopo i figli”, tratto dal suo libro satirico, pubblicato nel 2012 “PATATRAC – il sesso dopo i figli”. Fin dall’inizio degli anni 90, Colizzi scrive e dirige cortometraggi, documentari e lungometraggi. Partecipa a vari Festival e vince numerosi premi. Nel 2001 dirige Anna Weiss, dallo spettacolo teatrale di Pier Paolo Sepe, prima traduzione italiana del testo di Mike Cullen, vincitore del Festival di Edimburgo nel 1997. Il film in formato digitale viene selezionato nel 2002 alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – Nuovi territori. Nel 2004 scrive e dirige il lungometraggio Fino a farti male, che partecipa ai festival: Fort Lauderdale Int. Film Festival, USA; Denver Int. Film Festival USA; Festival del Cinema Europeo di Lecce; Dublin Gay & Lesbian International Film Festival. Il film è stato inoltre finalista ai Nastri d’Argento per la miglior canzone originale scritta da Marina Rei. Nel 2005 esce il romanzo Il corpo di mia madre (Marsilio Editori). Dal 2005 al 2010 è titolare del corso di regia presso l’Accademia di Cinema e Televisione Griffith di Roma. In attesa di vedere“Crushed Lives – il sesso dopo i figli”, abbiamo incontrato il regista che ci ha svelato qualche curiosità sul suo ultimo lavoro cinematografico.
Parlaci del tuo film, “Crushed lives – Il sesso dopo i figli”…
«Crushed Lives – il sesso dopo i figli” è una commedia centrata sui quarantenni di oggi, consapevoli e informati, ma emotivamente sopraffatti, una commedia scorretta e irriverente che gioca sul ribaltamento delle prospettive comuni, perché se l’arrivo di un figlio è sì un momento meraviglioso, è anche certamente la fine di un “prima”.»
“Crushed lives- Il sesso dopo i figli” è tratto dal tuo libro “PATATRAC”. Come nasce l’idea di trasformare questo libro in film?
«Il libro è una raccolta di materiali che abbiamo collazionato proprio pensando di realizzare un film. Il libro è venuto fuori attraverso un insieme di monologhi, racconti, dialoghi e storie personali divertenti. Ne è venuta fuori una struttura completa che poi abbiamo ripercorso nel film. Il film, si vedrà, è diviso in capitoli. L’abbiamo volutamente articolare in questo modo. E quindi proprio la stesura della sceneggiatura del film, ha permesso che nascesse il libro.»
Nel film emerge soprattutto la voglia di ridere di noi stessi.
«Esatto! Quando abbiamo deciso di fare un film su questo argomento, che ci divertiva molto, ci siamo chiesti: “chissà, come mai, nel momento in cui arriva un figlio, succedono un sacco di pasticci!?!”. Perché l’arrivo di un figlio, per chi l’ha provato, è devastante! Io ne ho due! (aggiunge, sorridendo! ndr). Ma alla gioia di una nascita, si contrappongono cambiamenti radicali. Ci sono coppie che si lasciano, altre che litigano. E, analizzando queste esperienze, ci siamo accorti che solo se sei in grado di ridere di queste “metamorfosi” del rapporto, sei capace di superarle. Altrimenti non ne esci vivo! E, nel film, questa voglia di affrontare l’argomento e di superarlo con un sorriso, si evince proprio attraverso la coppia protagonista. Quella formata da Saverio, (Walter Leonardi) – che interpreta un regista che sta realizzando, appunto un documentario sul sesso dopo i figli – e dalla sua compagna (Nicoletta Romanoff) che affrontano e sdrammatizzano l’argomento, confrontandosi con autoironia, ilarità ed intelligenza, al punto da arrivare a fare il secondo figlio. Ma questo vale per tutti i rapporti, di qualsiasi genere. Se le difficoltà dei legami, non si affrontano con un sorriso e mettendosi in discussione, si creano, inevitabilmente, delle barriere che diventa impossibile superare.»
Attori molto a loro agio. Avevi già lavorato con questi attori?
«No, con nessuno di loro. Ma la scelta del cast è stata il frutto di una decisione ponderata. Volevamo fare un film con attori che fossero giusti per quei ruoli, e non con attori che venivano magari “imposti”, per una qualche ragione. Perché magari si puntava su un nome, o per altri motivi. Dovevano essere attori in grado di portare una verità. Naturale, senza nulla di costruito. E, la scelta del cast, è arrivata attraverso un lungo lavoro durato 5 mesi. Abbiamo scelto 13 attori. Il nostro è un film corale, dove hanno tutti un ruolo ben definito. E mi è stato detto spesso che il risultato è molto buono, anche dal punto di vista della recitazione.»
Che aspettative hai per questo film, al di là del botteghino. Hai un desiderio in particolare?
«Eh, bella domanda! Non ho un’aspettativa ben definita. Quando faccio qualcosa, cerco di farla nel miglior modo possibile in base anche ai mezzi economici che abbiamo e al tempo a disposizione. Già essere riusciti a fare un film che funzioni, che piace, che fa divertire, mi sembra un buon successo. Poi vediamo cosa arriverà. Usciamo il 25 giugno in una ventina di città. Non abbiamo alle spalle un distributore forte dalle grandi possibilità, poi usciamo all’inizio dell’estate – quando magari la gente non va molto al cinema – ma siamo contenti di quello che abbiamo costruito. Poi si vedrà.»
Hai diretto film, cortometraggi, hai vinto premi, hai scritto libri. Un sogno nel cassetto ancora da realizzare?
«Quando si è molto giovani, si hanno tante aspettative, tanti sogni. Poi, ad un certo punto, ti rendi conto che la cosa più bella è farle le cose. Non vedo l’ora che questo film abbia concluso il suo ciclo ed inizierò a pensare ad altri progetti. Abbiamo un altro film già scritto. Continuerò a fare cose, speriamo! Certo, se le cose fai vengono apprezzate e trovano uno spazio, ne resti soddisfatto. Questo film ha partecipato a 3 festival in America, uno in Uruguay. Siamo stati 2 volte in America e, alle proiezioni, il pubblico rideva moltissimo. Noi li abbiamo filmati con il cellulare, perché era divertente vederli divertiti. È stata per me una bella soddisfazione, anche perché i film che avevo fatto prima, trattavano dei drammi psicologici, e pur parlando di rapporti umani, trattavano tematiche completamente opposte.»