Al Teatro San Ferdinando di Napoli è di scena Gennareniello, atto unico di Eduardo De Filippo, con Tonino Taiuti, Gea Martire e Lino Musella che ne firma anche la regia; una produzione Teatro di Napoli-Teatro Nazionale (repliche fino a dom. 5 gennaio 2025).
Era il 1932 quando la Compagnia Umoristica dei fratelli De Filippo mise in scena per la prima volta Gennareniello, dopo il successo travolgente dell’anno precedente di Natale in Casa Cupiello in versione atto unico (successivamente Eduardo ne avrebbe elaborato la versione in tre atti che tutti conosciamo). Qui si ritrova la stessa umanità che dà vita alla commedia più celebre: il protagonista è un piccolo uomo che trova la felicità nell’immaginarsi un’avventura con un’avvenente vicina di casa molto più giovane. Il suo carattere di sognatore si rileva dalle inutili invenzioni che sottopone alla distratta attenzione di un ingegnere che dovrebbe sovvenzionarne la realizzazione ma che è a sua volta rapito dalla bella vicina, e si scontra con la dura realtà di una famiglia (sempre al centro della poetica eduardiana) che stenta a tirare avanti, costituita da una moglie e una sorella soffocanti e da un figlio immaturo e debosciato.
Il resto ce lo dice lo stesso Musella: «Gennareniello è un diminutivo, vezzeggia il nome del santo patrono e fa rima col fratello famoso, quello di Casa Cupiello, di cui costituisce un ideale spin-off: stesse maschere umane dei Cupiello ma viste da una diversa angolazione. In questo spaccato naturale si osserva il semplice trascorrere del tempo senza particolari avvenimenti o intrecci, si ascoltano versi di poesie e canzoni, che a Napoli spesso sono la stessa cosa, e si partecipa alla vita che accade mentre si lascia spazio al sonetto che contiene. A Gennareniello basta affacciarsi a una terrazza per esistere, per regalarci l’umanità che porta in scena, per sussurrarci quel che di unico è racchiuso tra la disperata e commovente bellezza della vita che passa».
Profondo conoscitore e cultore del nostro drammaturgo, Lino Musella costruisce uno spettacolo divertente e struggente al tempo stesso, verrebbe da dire perfetto perché pienamente aderente alla poetica eduardiana eppure nuovo e originale. L’azione qui è trasposta a quel fatidico 1984, anno della morte dell’autore e già questo – dopo un’introduzione sul valore della tradizione e dell’innovazione presa dall’ultima lezione di teatro che Eduardo tenne alla Sapienza di Roma – dà la cifra di tutto lo spettacolo, inteso come lascito prezioso per le nuove generazioni. Questa intuizione riguardo l’ambientazione emerge da una radio che manda hit dell’epoca, cori inneggianti l’arrivo di Maradona in città e la notizia della morte di Eduardo, oltre che da elementi scenici quali i tubi innocenti a sostegno dei palazzi dalla Napoli post-terremoto e dall’estrosa capigliatura del figlio di Gennareniello che ricorda il caschetto biondo di Nino D’Angelo.
Il testo, opportunamente rimaneggiato per evidenziare maggiormente le analogie coi Cupiello, non mostra falle anzi è reso ancora più gustoso anche grazie all’inserimento di personaggi dell’altra commedia (Tommasino) e di pezzi poetici di Eduardo stesso, risultando straordinariamente organico e compiuto.
L’ottimo cast aiuta a dare corpo e voce ai personaggi eduardiani visti attraverso l’acume di Musella (a sua volta perfetto nel ruolo comico e poetico di Tommasino), ed è composto dagli ottimi Gea Martire, Roberto De Francesco Ivana Maione, Dalal Suleiman, Alessandro Balletta, Daniele Vicorito. Ma una menzione speciale merita Tonino Taiuti, protagonista indiscusso dello spettacolo, il cui misurato istrionismo risalta in un carattere complesso come quello del titolo, di volta in volta grandioso, meschino, pervicace, indifeso, disilluso.
Le sue corde interpretative risuonano profonde, dando vita ad un personaggio che è impossibile non amare proprio perché così impietosamente messo a nudo. Un’interpretazione che – ne siamo sicuri – avrebbe trovato la piena approvazione di Eduardo, così come ha trovato l’entusiasmo e l’affetto del pubblico. Spettacolo da non perdere.
L’immagine in evidenza a cura di ©Pino Miraglia