Il Teatro San Ferdinando di Napoli ospita fino a domenica 8 maggio lo spettacolo Villino Bifamiliare di Fabrizia Ramondino per la regia di Arturo Cirillo.
La scrittrice napoletana, tragicamente scomparsa nel 2008, ha sperimentato varie forme di componimento letterario. Si ricordano i romanzi Althènopis, Star di casa, Storie di patio, sceneggiature come Morte di un matematico napoletano film diretto da Mario Martone e poesie, indagini sociologiche ed opere teatrali. Terremoto con madre e figlia è stata messa in scena nel 1994 proprio da Martone ed i restanti testi teatrali inediti, per volontà del direttore artistico del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale Roberto Andò saranno presto allestiti. Il primo è appunto Villino Bifamiliare. Ecco come si esprime Andò: «A distanza di più di trent’anni è venuto il tempo di far conoscere l’attività letteraria della Ramondino che il tempo, la mediocrità culturale e la trascuratezza hanno concorso a mettere in ombra. Col nostro piccolo gesto, oltre a collocare l’opera di Fabrizia Ramondino nella varietà dei suoi interessi, vorremmo contribuire a restituirle il posto che le spetta nel grande canone letterario del ‘900”. E Arturo Cirillo nelle note alla messa in scena dice : “In Villino Bifamiliare troviamo molto della passione politica e dell’ironia di questa autrice. Attraverso l’incontro di due coppie di coniugi che dividono un villino situato in Alto Adige, la Ramondino mette in relazione due mondi politici e sociali e la convivenza forzata di queste due coppie in esilio fa nascere delle relazioni che vanno dal conflittuale all’amoroso».
A sipario aperto luci al neon illuminano lo scheletrato di una casa come la disegnerebbe un bambino, divisa in due metà speculari. Da un lato, il sinistro dello spettatore, si intravedono un uomo e una donna che parlano tra loro con alle spalle una cartina geografica e, accanto a loro, un grande mappamondo. Dall’altro lato una sola donna che legge annoiata un libro nella sua cucina con il forno acceso. Improvvisamente compare un uomo su una sedia a rotelle, spinto da due guardie.
L’intensità della luce aumenta e la coppia inizia a dialogare a voce alta. Ben presto si capisce che l’uomo di nome Hogger (Arturo Cirillo) è un ex alto dirigente, proveniente dall’est europeo dopo il crollo del muro di Berlino e della fine dell’ideologia che lo alimentava, tenuto in uno stato di esaltazione da sua moglie Gretel (Sabrina Scuccimarra). Egli vaneggia un ritorno al socialismo e chiama compagna o segretaria la moglie con voce aspra e forte come se stesse facendo un comizio di piazza. Nell’altra metà del villino c’è la coppia formata da un ex dirigente di un partito politico di fede cattolica, un certo Giuliotti, ovvero l’uomo sulla sedia a rotelle (Rosario Giglio) e sua moglie Lucrezia (Franca Penone).
I dialoghi si fanno sempre più concitati e si attende l’ arrivo del figlio della seconda coppia mentre Lucrezia confessa di provare amore per Hogger. Ovviamente non sveliamo il finale ma già da questo accenno si comprende lo spessore del testo che predilige puntare su personaggi femminili forti avendo uno sguardo ironico e disincantato sugli avvenimenti storici ancora da metabolizzare perché troppo recenti insieme ad un gusto raffinato e sottile per il genere giallo.
Gli attori si muovono sulla scena con grande padronanza manifestando le loro alte doti attoriali. In particolare Arturo Cirillo rende appieno tutta la complessità del personaggio facendo ricorso ad una serie di accorgimenti che puntano sulla fisicità di Hogger esaltandone manie e tic nervosi e modulandone sapientemente la voce a seconda degli stati d’animo.
Sabrina Scuccimarra e Franca Penone rendono vivi e autentici i loro personaggi sempre in bilico tra passione e accettazione di una realtà ormai incontrovertibile. Entrambe forti e determinate reggono la trama della vicenda tra citazioni e confessioni introspettive.
Lo spettacolo sicuramente è rivolto ad un pubblico colto e competente e, come abbiamo detto, rappresenta un risarcimento, sebbene postumo, alla Ramondino di cui conoscevamo già l’onestà intellettuale e le doti letterarie perché i suoi scritti attraversano i confini di genere e spaziano tra saggio e romanzo, denuncia e meditazione.
È doveroso dire che le scene sono di Dario Gessati, i costumi di Gianluca Falaschi e Nika Campisi, le luci di Camilla Piccioni e le musiche originali di Francesco De Melis.
Alla prima sinceri e calorosi applausi riservati dal pubblico anche a Roberto Andò e Mario Martone presenti in sala.