In scena, al Teatro San Ferdinando di Napoli, L’Arte Della Commedia di Eduardo De Filippo, con Alex Cendron, Gennaro De Sia, Filippo Luna, Imma Villa e Fausto Russo Alesi che ne firma anche l’adattamento e la regia; una produzione Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana-Teatro Nazionale ed Elledieffe (repliche fino a dom. 26 febbraio).
Scritta nel 1964, L’arte della Commedia fa parte della Cantata dei Giorni Dispari, le commedie scritte dal dopoguerra in poi che affrontano le difficili e problematiche questioni del vivere quotidiano, delle relazioni private e pubbliche tra gli esseri umani. Manifesto del Teatro di Eduardo e traduzione in prosa delle sue lunghe battaglie per le sorti del Teatro parallele alle fatiche personali e senza aiuti, riconoscimenti e interventi delle Istituzioni per l’apertura del Teatro San Ferdinando di Napoli, questa commedia ci parla del rapporto contradditorio tra lo Stato e il “Teatro” e sul ruolo dell’arte e degli artisti nella nostra società, del loro rapporto con il Potere e del loro bisogno di essere ascoltati e soprattutto riconosciuti. É questo il caso di Oreste Campese, capocomico che, in seguito all’incendio del capannone dove si esibiva la sua compagnia, cerca udienza e aiuto dal nuovo Prefetto del paese.
«Mi piace sottolineare – spiega Russo Alesi – che Eduardo, per raccontarci del suo pensiero sull’arte e per sollecitare l’attenzione del fondamentale personaggio del Prefetto, ci inviti a spiare da un metaforico buco della serratura le storie di esseri umani, cittadini, professionisti che ricoprono un ruolo essenziale nella società e che per questo appunto pretendono di essere ricevuti. E non è ovviamente un caso che i ruoli che qui scrive per la scena diano proprio voce alla cultura, alla sanità, all’istruzione, alla legge e a un rappresentante della Chiesa: tutti riferimenti sociali imprescindibili. Personaggi non in cerca d’autore ma di autorità. “Venga a teatro Sig. Prefetto! A Teatro la suprema verità è stata e sarà sempre la suprema finzione…”, dice Campese in una battuta fondamentale della pièce. L’Arte della Commedia è la più pirandelliana tra le commedie di Eduardo, un’opera meta-teatrale dove il gioco del teatro nel teatro si sviluppa all’ennesima potenza. Fino alla fine non sapremo se i personaggi che chiederanno udienza al Prefetto sono gli attori di Campese, ma ciò che conta è che è il Teatro che crea attraverso la finzione la sua realtà e l’inganno è l’accesso migliore alla verità».
Il gioco finzione/realtà regge bene in questa messa in scena volutamente scarna, dove il pubblico si trova davanti ad una scena ribaltata (firmata da Marco Rossi), come se la vedesse da dietro le quinte, come se esso stesso facesse parte della rappresentazione e gli attori fossero spettatori. É qualcosa che va oltre il teatro nel teatro, in un gioco di specchi che moltiplica la verità del reale all’infinito. Se si eccettua qualche passaggio un po’ lento e qualche spostamento di sedie di troppo, lo spettacolo risulta ben congegnato e fluido, sostenuto – del resto – da un testo che ci consegna un Eduardo al massimo della sua maturità artistica e filosofica. Qui tutto, dalle riflessioni sulla natura del Teatro nel prologo, alla tensione tra creatività artistica e natura censoria del Potere nel primo atto, alla presentazione/rappresentazione dei personaggi e dei loro drammi nel secondo, ben si amalgama, grazie ad un nutrito cast di grande esperienza. Oltre a Fausto Russo Alesi (Campese) e ad Alex Cendron (il Prefetto), ci piace ricordare Filippo Luna, Gennaro De Sia e la sempre grande Imma Villa. Accurati ed evocativi sia i costumi di Gianluca Sbicca che le musiche di Giovanni Vitaletti. Da vedere.