Quasi cinque ore di spettacolo. Giovedì 20 aprile il pubblico del Teatro San Carlo ha assistito all’opera Wagner dal titolo “La Valchiria”.
Wotan, re degli dèi, ha generato i gemelli Siegmund e Sieglinde con una donna mortale. Egli spera che Siegmund sia un essere libero in grado di sottrarre al gigante Fafner l’anello forgiato con l’oro del Reno, per poterlo restituire alle Ondine (figlie del Reno) e annullare la maledizione lanciata da Alberich, che minaccia di distruggere gli dèi e il mondo. Insieme a Erda, dea della Terra, Wotan ha generato anche le valchirie, fanciulle guerriere fra le quali Brünnhilde, che con le sorelle sta radunando un esercito di eroi deceduti a difesa degli dèi.
Le sue sonorità, al tempo innovative, la cui ritmica lenta, ma da una sonorità soave, hanno tenuto il pubblico inchiodato sulle poltrone ad assistere ad un capolavoro della lirica, nonostante non fosse abituato a quelle durate, e nemmeno tanto a Wagner (Opera cantata in tedesco e sottotitolata in italiano e inglese).
In un teatro perfettamente restaurato è avvenuto, sotto la regia di Federico Tiezzi, un vero capolavoro. Altra componente d’impatto è stata la scenografia minimalista, lontana da scene puramente mitologiche, grazie allo scenografo Giulio Paolini. Oltre alla musica e al canto, la materia visiva è stata co-protagonista dello spettacolo. Una dimensione alla ricerca dello spazio che ha perfettamente ospitato le sonorità del dramma. Sono stati tre atti distinti tra loro, tra luci e ambientazione, storie e ritmi collimanti che vanno nel profondo della storia scritta. Oltre alla musica e al canto, il regista ha dato molto spazio ai movimenti. La base scenica è costituita da una gabbia dove nel finale è stata ingabbiata Brunnhilde avvolta da un colore rosso che ha invaso l’intero spazio alludendo scenicamente all’inferno e alla morte.
Grande simbiosi tra l’azione registica e scenografica che ha tracciato con un movimento impeccabile le vicende drammatiche familiari. Perno principale in cui si muove l’intera storia è Wotan, padre vero e meno degli Dei, un personaggio che durante la rappresentazione fa emergere il tratto umano, svestendosi dai panni del Dio, soprattutto nel finale. Uno spettacolo che ha dettato i tempi con linearità e precisione, di buon gusto e di piacevole ascolto, nonostante la lunghezza della storia. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro San Carlo ha visto sul palco: Jonas Kaufmann a cui Wagner gli concede di rappresentare il personaggio di Siegmund. Con il suo fraseggio sostenuto e coinvolgente, appassionante e duro gestisce con maestria il primo atto. Particolarmente luminosa Vida Mikneviciuté, bella presenza e buon canto. Cristopher Maltman ha interpretato Wotan, vero stile wagneriano. Voce possente e di grande spessore lirico. Okka von der Damerau che è Brunnhilde, voce e straordinaria presenza scenica. Jon Relyea (Hunding) e Varduhi Abramyan (Frika). L’orchestra del Teatro San Carlo è stata magistralmente diretta da Dan Ettinger.