In scena al Teatro Nuovo di Napoli, il monologo Rigoletto. La Notte della Maledizione di e con Marco Baliani, e con Giampaolo Bandini (chitarra) e Cesare Chiacchiaretta (fisarmonica) su musiche di Giuseppe Verdi, Nino Rota, Cesare Chiacchiaretta; una produzione Società dei Concerti di Parma in collaborazione con Teatro Regio di Parma (repliche fino a dom. 22 gennaio).
Scritta nel 1853 sulla base della tragedia Le Roi S’Amuse di Hugo, Rigoletto è l’opera centrale della cosiddetta Trilogia Popolare di Verdi. La nostalgia per la donna amata, la gelosa premura nei confronti della figlia, la sete di vendetta contro chi minaccia la sua purezza: i sentimenti di Rigoletto, che la musica di Verdi ha reso immortali, qui rivivono nell’animo e nella storia di un clown che si esibisce in un piccolo teatro di periferia.
«Rigoletto è un monologo – spiega Baliani – quindi per farlo c’è bisogno di un personaggio in carne e ossa, spirito e materia. Poter rivestire per una volta la pelle di un altro e starci dentro dall’inizio alla fine è una gioia particolare per me che in scena da narratore non ho mai la possibilità di calarmi interamente nelle braghe di chicchessia. La proposta fattami dal Teatro Regio di Parma di occuparmi, a mio modo, di una “rilettura” di un’opera di Verdi in cartellone nella stagione, la potevo facilmente risolvere con un bel reading, lettura più musica e via così. Ma volevo rischiare di più, come sempre mettermi in gioco. La seconda motivazione è stata la mia passione per gli esseri del circo, ma quei circhi piccoli, non eclatanti, non amo i “soleil” circensi fatti di effetti speciali. Preferisco la rozzezza faticosa ma meravigliosa di quei circhi dove chi strappa i biglietti te lo ritrovi dopo vestito da pagliaccio, dove si percepisce la fatica quotidiana di un vivere precario. Volevo fare un omaggio alle cadute, alle sospensioni, alle mancanze di appoggi».
Marco Baliani rivisita il testo di Hugo attualizzandone le problematiche. Scompare, dunque, lo scontro tra classi sociali della famosa “Cortigiani, vil razza dannata!”; lo stesso Duca di Mantova diventa qui il vigoroso trapezista del circo ove lavorano il clown Rigoletto e la figlia sedotta Gilda; la maledizione di Monterone diventa una oscura profezia di una chiromante zingara (quel “Ciò che fu, di nuovo sarà” sembra alludere ad un allontanamento volontario della moglie da Rigoletto e non già alla sua morte).
Qui tutto si concentra su un rapporto di gelosia morbosa del padre verso la figlia, cui costei si sottrarrà in cerca di una sua realizzazione come donna, desiderosa e in diritto di vivere la propria vita e i propri sentimenti. La vestizione e l’atto del truccarsi di Rigoletto durante tutta la durata del monologo suggeriscono il trasfigurarsi della sua gelosia in qualcosa di mostruoso, che lo rende sempre meno umano. Un plauso particolare va al Maestro Chiacchiaretta che ha trascritto arie, duetti e quartetti della partitura originale per due soli strumenti. Accompagnato dal Maestro Bandini alla chitarra, sottolinea tutti i passaggi fondamentali dell’opera, facendoli coincidere con i momenti corrispondenti della riscrittura teatrale. Operazione originale, interessante e preziosa, non solo per un pubblico appassionato d’Opera.