Sarà in scena al Teatro Nuovo di Napoli (fino a domenica 13maggio) lo spettacolo “La manomissione delle parole” con Gianrico Carofiglio, regia di Teresa Ludovico, presentato da Teatro Kismet Opera. Gianrico Carofiglio è politico ed ex magistrato pugliese, dal 2002 ha iniziato a scrivere dedicandosi al genere – legal thriller-aggiudicandosi molti premi e riconoscimenti. Lo spettacolo è tratto dal libro “La manomissione delle parole”, pubblicato dal magistrato nel 2010, uno studio letterario sull’uso delle parole, sulla loro manipolazione e conseguente dissoluzione. Accompagnato dal prezioso contributo musicale del maestro Michele di Lallo, Carofiglio dona al pubblico una intensa riflessione sull’uso distorto della parola attraverso i secoli, citando Calvino, Dante, Ghiannis Ritsos, George Orwell, Victor Klemperer, Goethe, Bob Dylan.
«I giuristi si esprimono in modo palesemente incomprensibile e vago – ha sottolineato Carofiglio – per pigrizia del gergo (attraverso espressioni barocche, metafore, uso del latino maccheronico), ponendosi con narcisismo al centro dell’attenzione, al fine di esercitare un potere e controllo incondizionati».
Italo Calvino nel 1965 sul quotidiano “Il Giorno” parla dell’antilingua e del Terrore semantico cioè un italiano surreale che sostituisce vocaboli semplici e chiari con parole vaghe e incomprensibili, contagiando la lingua italiana che non è più un mezzo di comunicazione, ma di esclusione. A tal proposito cita testualmente verbali originali della polizia giudiziaria dell’epoca, ridondanti di parole sconosciute e astratte. Secondo il poeta greco Ghiannis Ritsos le parole sono come vecchie prostitute che tutti usano, spesso male e al poeta tocca restituire loro la verginità. I criminologi hanno notato nei giovani criminali una mancanza di ironia e una incapacità nel descrivere a parole le proprie emozioni e il proprio dolore, che può sfociare nella violenza verso gli altri e verso sé stessi. Carofiglio cita George Orwell che coniò il termine “Neolingua” per definire la riduzione al minimo dell’uso delle parole, che porta all’impossibilità di esprimere la propria opinione e alla conseguente cancellazione del libero pensiero. Nel libro “Il Viaggio di Alice” l’uomo parlante Humpty Dumpty dice ad Alice: Quando io uso una parola quella significa ciò che io voglio che significhi. Alice gli dice: La questione è se lei può costringere le parole a significare così tante cose diverse. L’Uovo parlante risponde: La questione è chi è che comanda. A tal proposito il Premio Nobel per la Letteratura Toni Morrison affermava che il linguaggio è violenza, la lingua del potere è pericolosa e limita la conoscenza. Victor Klemperer, filologo ebreo perseguitato, nel suo libro “La lingua del Terzo Reich” ha studiato il linguaggio Nazista, che ha uno stile da imbonitore, che mira all’oppressione, costruito su frasi fatte e ripetitive, piene di enfasi. Carofiglio ricorda che quando Faust incontra Mefistofele rilegge “il Prologo del Vangelo di Giovanni” (In principio era il Verbo). A tal proposito sottolinea che Hitler non amava Goethe, perché la parola apre a nuovi pensieri e distingue l’uomo fra tutti gli esseri sulla Terra. «Le questioni fondamentali della politica –sottolinea Carofiglio – non sono la libertà, la giustizia, l’uguaglianza. La questione fondamentale è la scelta come consapevolezza, che ti fa scegliere cosa, per chi, e in base a quale criterio. La parola ti dà la possibilità di scegliere e di essere il capitano della propria anima. Dante mette a guardia del Purgatorio Catone Uticense (morto suicida) perché non accetta la mancanza di libertà di espressione. Quindi scelta come contrario di rinuncia e indifferenza. Antonio Gramsci scrisse “La Città futura” sul progresso civile-politico e morale contro gli indifferenti e i parassiti». Carofiglio chiude lo spettacolo citando la bella canzone di Bob Dylan “Blowin in the wind”(soffia nel vento), dedicandola agli indifferenti che girano la testa dall’altra parte quando vedono il male.