Orlando ha l’abilità di far “vedere” personaggi e luoghi, avvalendosi di pochi elementi scenici
In scena, al Teatro Mercadante di Napoli, La Vita Davanti A Sé di Romain Gary/Emile Ajar, ridotto, diretto e interpretato da Silvio Orlando, accompagnato dall’Ensamble dell’Orchestra Terra Madre diretto da Simone Campa; una produzione Cardellino s.r.l. (repliche fino a dom. 19 dicembre).
Pubblicato nel 1975 e adattato per il cinema nel 1977, al centro di un discusso Premio Goncourt, La vita davanti a sé di Romain Gary è la storia di Momò, bimbo arabo di dieci anni che vive nel quartiere multietnico di Belleville nella pensione di Madame Rosa, anziana ex prostituta ebrea che ora sbarca il lunario prendendosi cura degli “incidenti sul lavoro” delle colleghe più giovani. Così crescono insieme bambini di varie etnie e religioni, accomunati tutti dal senso dell’abbandono e da una conseguente spasmodica fame d’amore. Crescendo, ognuno troverà la sua strada allontanandosi dalla “pensione” di Mme Rosa. Tutti tranne Momò, l’unico a non essere reclamato dalla vera madre…
«Raccontare la storia di Momò e Madame Rosa nel loro disperato abbraccio contro tutto e tutti – sostiene Sivio Orlando – è necessario e utile. Il genio di Gary ha anticipato senza facili ideologie e sbrigative soluzioni il tema dei temi contemporaneo, la convivenza tra culture, religioni e stili di vita diversi. I flussi migratori si innestano su una crisi economica che soprattutto in Europa sembra diventata strutturale creando nuove e antiche paure soprattutto nei ceti popolari, i meno garantiti. Se questo è il quadro, quale funzione deve avere il teatro? Non certo indicare soluzioni che ad oggi nessuno è in grado di fornire, ma una volta di più raccontare storie emozionanti, commoventi, divertenti, chiamare per nome individui che ci appaiono massa indistinta e angosciante».
Un’operazione, quella di Silvio Orlando, perfettamente riuscita nei suoi intenti. La sua versatilità di attore comico e drammatico e quella sua naturale aria sorniona e incline alla meraviglia lo mettono a suo agio nell’interpretare i memorabili personaggi del romanzo, soprattutto il Momò bambino, che cerca di spiegarsi un mondo spesso a lui ostile senza giudicare, senza desiderio di rivalsa.
Tutto il racconto è sotteso da una tenera ironia e Orlando, da solo in scena, senza mai cadere nel facile sentimentalismo, ha l’abilità di far “vedere” personaggi e luoghi, avvalendosi di pochi elementi scenici. Una scenografia, quella di Roberto Crea, che riproduce in modo stilizzato il palazzo di sei piani della pensione e che rimanda chiaramente a una torre di Babele.
Ad accompagnare Silvio Orlando in questo viaggio, l’Ensamble dell’Orchestra Terra Madre, multietnico anch’esso, diretto da Simone Campa (chitarra battente e percussioni), con i virtuosi Gianni Denitto (clarinetto e sax), Maurizio Pala (fisarmonica) e Djambe Kaw Sissoko (Kora). Infine, nel bis, un inedito Silvio Orlando in versione flautista accompagna i suoi in una vibrante carrellata di musiche ebraiche, arabe e africane. Mentre riecheggiano nella mente le ultime parole del romanzo di Gary, quanto mai necessarie nel mondo d’oggi: “Bisogna voler bene”.