In scena, al Teatro Mercadante di Napoli, Casa di Bambola di Henrik Ibsen, diretto e interpretato da Filippo Dini, con Deniz Ozdogan, Orietta Notari, Andrea Di Casa, Eva Cambiale, Fulvio Pepe; una co-produzione Teatro Stabile di Torino, Teatro Stabile di Bolzano, con il sostegno della Fondazione CRT (repliche fino a dom. 14 novembre).
Scritto nel 1879 ad Amalfi, Casa di Bambola è il capolavoro di Ibsen che prelude alle lotte per l’emancipazione femminile del Novecento. La storia ben nota è quella di Nora che, per salvare il marito Torvald e portarlo a curarsi nel sud Italia, contrae segretamente un debito col losco e disperato Krogstad (lei che, in quanto donna, avrebbe dovuto avere l’avallo del marito o del padre). Scoperto il segreto, Torvald, più preoccupato di salvaguardare la propria immagine agli occhi della società che di giustificare l’estremo atto d’amore della moglie, involontariamente le apre gli occhi: per anni, lei non è stata che una bambola, prima nelle mani del padre, poi del marito e la scelta di Nora di lasciare marito e figli, alla ricerca della comprensione e della realizzazione di sé, sarà inesorabile.
Casa di Bambola suscitò grande indignazione al suo debutto al Teatro Reale di Copenaghen. La figura di Nora, incompresa sposa-bambina disposta a lasciare marito e figli per conquistare la propria indipendenza, non riscosse molto successo presso il pubblico borghese dell’epoca, per il quale i vincoli del matrimonio erano sacri.
«Non credo nell’interpretazione, molto frequente in passato, di una Nora che si libera da un marito pedante e ottuso – dichiara Filippo Dini – ma credo piuttosto in una interpretazione più contemporanea di un legame che si dissolve a causa di una reciproca diffidenza, nata dall’incomprensione mai risolta tra uomo e donna. La cronaca ci ha abituato alle efferatezze e alle violenze generate da questa incomprensione. Fino a quando continueremo a parlare di masochismo riferendoci alle vittime, temo continueremo a leggere terribili notizie della brutalità maschile sulla donna. Ibsen, con straordinario anticipo sulla storia, ci metteva in guardia in merito a ciò che sarebbe potuto scaturire da quella mancanza di reciproca comprensione. Oggi sappiamo che le regole di ieri erano sbagliate, siamo chiamati a fare chiarezza, a riconoscere le nostre personali specifiche miserie».
La scelta di Filippo Dini (che ricordiamo già vincitore del Premio Le Maschere alla regia nel 2016 per Ivanov di Cechov e nel 2019 per Così è (Se vi pare) di Pirandello) di iniziare lo spettacolo con la citazione biblica della Creazione, con la coppia Torvald-Nora ridotta a due burattini ai piedi dell’Albero della Conoscenza, spiega inequivocabilmente tutto lo spettacolo: la difficoltà di liberarsi dall’idea della subalternità della donna rispetto all’uomo, idea di cui tutta la nostra cultura è pervasa dalla notte dei tempi. E questo Albero della Conoscenza, che nel testo è l’albero di Natale che Nora addobba per i suoi bambini, troneggia al centro del salotto borghese in cui si svolge il dramma, arricchito e decorato via via di tutte le sovrastrutture accumulatesi nel corso dei secoli.
L’esuberante Torvald di Filippo Dini trova riscontro nella viziata e determinata Nora dell’ottima Deniz Ozdogan, liberando il testo da ogni cliché interpretativo otto-novecentesco. La scena della tarantella al finale del primo tempo, in cui la protagonista sembra avere un primo moto di ribellione, fisica prima ancora di diventare una cosciente consapevolezza di sé, è memorabile. Come le tarantolate ella si dimena, ad un ritmo sempre più vertiginoso, e sembra di vederla strapparsi dai vincoli delle convenzioni sociali, prima di appoggiarsi stremata all’Albero della Conoscenza (appunto).
Lo stile recitativo, a volte un po’ sopra le righe, conferisce tuttavia un ritmo molto sostenuto allo spettacolo, dove Dini trova il modo anche di omaggiare Eduardo e il suo “cupiellesco” presepe. E in effetti Luca Cupiello ricorda un po’ il personaggio ibseniano, nella sua ostinata incapacità di riconoscere la realtà. Ottima la prestazione di tutti gli interpreti, tra cui segnaliamo la divertente caratterizzazione di Fulvio Pepe del suo Dottor Rank, amico di famiglia. Scene (di Laura Benzi), costumi (di Sandra Cardini) e disegno luci (di Pasquale Mari) donano un elegante tocco di verosimiglianza ad uno spettacolo da non perdere. Pubblico entusiasta.