“Tutto il mio piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia debolezza, è questa la debolezza di quasi tutte le donne. A maritarmi non ci penso nemmeno, non ho bisogno di nessuno, vivo onestamente e godo la mia libertà”. Mirandolina
Il Teatro Mercadante di Napoli ospita fino al 17 novembre La locandiera di Carlo Goldoni per la regia di Antonio Latella su drammaturgia di Linda Dialisi con Sonia Bergamasco nel ruolo di Mirandolina affiancata da Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Annibale Pavone, Gabriele Pestilli, Marta Pizzagallo. Le scene dello spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria, sono di Annelisa Zaccheria, i costumi di Graziella Pepe, le musiche e il suono di Franco Visioli, le luci di Simone De Angelis.
La vicenda ambientata a Firenze ruota intorno al personaggio di Mirandolina (Sonia Bergamasco), padrona di una locanda lasciatale in eredità dal padre insieme alla promessa di sposare il servitore Fabrizio (Annibale Pavone). Il Conte di Albafiorita (Francesco Manetti) e il Marchese di Forlipopoli (Giovanni Franzoni), ospiti della locanda sono entrambi innamorati della padrona e tentano in tutti i modi di conquistarla offrendole doni e protezione. Intanto giunge il Cavaliere di Ripafratta (Ludovico Fededegni) insieme al suo servitore( Gabriele Pestilli). Burbero e misogino dimostra distacco e disprezzo verso le donne e, ovviamente per la locandiera. Mirandolina punta nell’orgoglio giura di farlo innamorare di sé e vi riesce. Di qui gelosie e liti fra i tre ospiti complicati dall’arrivo di due comiche che si fingono gran dame: Ortensia(Marta Cortellazzo Weil) e Dejanira (Marta Pizzigallo). Finalmente Mirandolina rivela il suo gioco accordando la mano al servitore Fabrizio.
La locandiera secondo Antonio Latella verte intorno al tema dell’eredità. «Mirandolina riceve in eredità dal padre la locanda insieme all’ordine di sposare Fabrizio, il primo servitore. In questo credo che ci sia una inconsapevole identificazione del padre con il servo, come erede virtuale in quanto maschio. Più che un uomo per la figlia sceglie un uomo pronto a tutto pur di difendere la locanda. La locandiera è il primo testo italiano che vede protagonista una donna, capace di sconfiggere tutto l’universo maschile riuscendo a sbarazzarsi in un solo colpo di un cavaliere, di un conte e di un marchese e scegliendo alla fine come marito il suo servitore compie anche una scelta politica mettendo a capo di tutto la servitù e nobilitando i commercianti e gli artisti.[…] Spesso noi registi abbiamo sminuito e ridimensionato il grande Goldoni , cadendo nell’ovvio e riportando al femminile ciò che gli uomini vogliono vedere: il gioco della seduzione. Goldoni invece ha fatto di quest’opera il suo testamento attraverso una grande operazione civile e culturale. Siamo davanti ad un manifesto teatrale che dà inizio al teatro contemporaneo.[…] La nostra mediocrità non è mai stata all’altezza dell’opera di Goldoni e probabilmente non lo sarò nemmeno io».
La locandiera che vede protagonista Sonia Bergamasco non delude le aspettative e il regista Antonio Latella può esserne certo avendo affidato il ruolo di Mirandolina ad una delle attrici più sensibili e generose nel mostrare agli spettatori la propria arte recitativa. La nostra locandiera rifugge dal vestire i soli panni della donna spumeggiante e faceta per diventare intelligente, determinata, bella ,consapevole di sé e del suo fascino non senza un’ombra di compiacimento misto a malinconia. Mirandolina non è una seduttrice tout court. Sa tenere testa agli uomini perché non è una sprovveduta e sa ciò che vuole. Conosce il sottile confine tra avere e possedere e non mischia gli affari con l’amore. E’ una donna curiosa della vita e volitiva con un carattere ed un piglio sì educato ma intrigante. E Sonia Bergamasco ha saputo rendere tutte le sfumature di un personaggio così complesso e sfaccettato sostenuta da una sapiente regia e dalla bravura degli altri attori comprimari tra i quali spicca Ludovico Fededegni, un ottimo Cavaliere di Ripafratta.
Alcuni momenti dello spettacolo hanno emozionato. Ci riferiamo in particolare alla scena che chiude il primo atto quando il Cavaliere con grazia e premura solleva Mirandolina svenuta e l’adagia dolcemente sul tavolo e accenna con la sua armonica a bocca una musica lenta e dolce.
La locanda è davvero un luogo di incontro e di scambio sottolineato dalla regia attraverso il gioco dello shangai che ci mostra come ciascun personaggio della commedia debba entrare in relazione con l’altro con delicatezza e rispetto altrimenti il gioco finisce senza aver decretato un vincitore, Mirandolina, e un vinto , il Cavaliere di Ripafratta.
E’ sorprendente pensare che sebbene il testo di Goldoni sia stato rappresentato senza neppure cambiare una virgola si è assistito ad uno spettacolo innovativo con il quale altri registi e altri interpreti dovranno confrontarsi.
La locandiera termina con questa battuta finale di Mirandolina rivolta al Marchese che ancora una volta le offre la sua protezione: «Queste espressioni (offerte) mi saran care, nei limiti della convenienza e dell’onestà. Cambiando stato (da nubile e sposata) voglio cambiar costume e lor signori ancora profittino di quanto hanno veduto, in vantaggio e sicurezza del loro cuore; e quando mai trovassero in occasioni di dubitare, di dover cedere , di dover cadere, pensino alle malizie imparate, e si ricordino della locandiera». E noi spettatori promettiamo di ricordarla con i nostri applausi veri ed ammirati.