“Apologia” sarà in scena al Teatro Mercadante di Napoli fino al 2 febbraio con Elisabetta Pozzi, la regia di Andrea Chiodi, traduzione di Monica Capuani. Apologia è una commedia firmata dallo scrittore greco-britannico Alexi Kaye Campbell, riconosciuto tra i più rappresentativi della drammaturgia contemporanea.
“Apologia”, ovvero cronaca di un fallimento, potrebbe essere questo il sottotitolo della commedia, che propone un viaggio catartico nei ricordi di una famiglia paragonabile, con i suoi serrati dialoghi taglienti, a una partita a scacchi in puro stile britannico. La protagonista Kristin Miller (Elisabetta Pozzi) è una battagliera e determinata storica dell’arte di successo, che ha dedicato i suoi studi alla figura del pittore Giotto, riconosciuto come vero rivoluzionario per l’epoca. Kristin ha partecipato attivamente ai movimenti del ’68, spinta dal desiderio di poter cambiare il mondo, trascurando i due figli che dopo il divorzio sono stati affidati al padre. L’incontro ,in occasione dei festeggiamenti per il compleanno di Kristin, diventa quasi una resa dei conti tra la madre e i figli che le rimproverano di non essere stata presente nei momenti di bisogno. Il figlio Peter (Christian La Rosa) è il banchiere spregiudicato che sta dalla parte di quelli che prendono senza dare niente in cambio, la fidanzata americana Trudi (Francesca Porrini) è accomodante e ingenua, l’altro figlio Simon (Emiliano Masala) è uno scrittore fallito che stenta ad andare avanti, mentre la sua compagna Claire(Martina Sammarco) è una spregiudicata attrice di soap opera, Hugh (Alberto Fasoli) omosessuale è amico fraterno della padrona di casa. Il regista Andrea Chiodi riesce a orchestrare il testo con un efficace ritmo brioso, dando ai tormentati personaggi il giusto risalto, aprendo ampi spazi di riflessione su temi attuali quali l’impegno politico, il fallimento degli ideali, la fede, la responsabilità familiare e su come sono indefinibili e complicati i rapporti umani. L’autore non fa leva sul pathos e sul compiacimento fine a se stesso, ma si limita alla sapiente caratterizzazione dei personaggi e all’esposizione dei fatti, lasciando al pubblico le considerazioni morali che meglio lo rappresentano. Gli artisti in scena ci restituiscono una prova attoriale intensa, di efficace immedesimazione fisica nel personaggio, facendoci toccare con mano la loro profonda solitudine esistenziale nella quale si dibattono.
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