Sarà in scena dal 1° al 17 Aprile, al Teatro Mercadante di Napoli, Casa Di Bambola di Ibsen, nell’adattamento di Raffaele La Capria, per la regia di Claudio Di Palma. Per l’occasione, i protagonisti e lo stesso La Capria, alla presenza del direttore artistico dello Stabile, Luca De Fusco, hanno incontrato giornalisti e pubblico.
Scritto nel 1879 ad Amalfi, il capolavoro ibseniano Casa Di Bambola incontrò, fin dalla sua prima messinscena a Copenaghen, l’ostracismo del pubblico borghese del tempo. La storia di Nora, sposa quasi bambina di Torvald, che prende coscienza della sua condizione di subalternità rispetto al marito, si ribella e va via di casa, abbandonando marito e figli, certo non poteva essere digerita tranquillamente dalla mentalità del pubblico dell’epoca. Lo stesso Ibsen ebbe a dire: «Che sarebbe stato contestato lo sapevo in anticipo. Se il pubblico nordico fosse stato tanto evoluto da non sollevare dissensi sul problema, sarebbe stato superfluo scrivere l’opera». Ma qual è il problema? “Bisogna pur vivere, e così si diventa egoisti…”. Partendo da questo assunto enunciato dalla signora Linde nel primo atto, Di Palma si chiede se ciò è applicabile ad ogni personaggio del dramma. «La radicalità della scelta finale di Nora, lasciare casa, marito e figli, riguarda la libertà dell’individuo, oppure è uno strumentale opportunismo di comodo?». In poche parole, Nora fa questa scelta per egoismo o per “educare” così anche i suoi figli, quasi fosse una femminista consapevole ante-litteram? Gli risponde così Raffaele La Capria: «Ho letto Casa Di Bambola come un classico, cioè come un’opera che dice la sua verità valida in ogni tempo. Essa è una critica acerba e polemica dei rapporti di dominazione in seno al matrimonio borghese, che anticipa le questioni del femminismo moderno. Ma è anche una splendida meditazione sul diritto di ciascuno a scegliere liberamente il proprio destino». È forse per questo che vedremo l’azione svolgersi in un luogo-non-luogo che nella scenografia di Luigi Ferrigno acquisterà un certo sapore anni Settanta, non a caso proprio gli anni in cui, in Italia, la lotta femminista raggiunse i suoi maggiori risultati. Nel ruolo della protagonista vedremo ancora una volta Gaia Aprea, che così chiosa: «Ho desiderato tutta la vita interpretare questo ruolo. Devo dire che non è stato difficile, grazie agli interventi chirurgici apportati al testo da La Capria, che rendono ogni personaggio chiaro e fluido (pur nelle sue contraddizioni emotive) e alla regia di Claudio Di Palma, incisiva ma allo stesso tempo essenziale e priva di cerebralismi, che spesso rovinano i migliori testi».
Una nuova versione di un grande classico, dunque, che promette di essere (nelle parole dello stesso La Capria) snella, fluida, più in sintonia con i nostri tempi.