Dopo il debutto romano, approda al Teatro Mercadante di Napoli La Metamorfosi di Kafka, nella versione di Ervino Pocar, con l’adattamento e regia di Giorgio Barberio Corsetti, con Michelangelo Dalisi, Gea Martire, Roberto Rustioni, e con Anna Chiara Colombo, Giovanni Prosperi, Francesca Astrei, Dario Cacurri; una produzione Teatro di Roma (repliche fino a domenica 13 marzo).
Spettacolo nato in piena pandemia, La Metamorfosi è un racconto sulla separazione, sull’isolamento, sulla difficoltà di contatto. È un’opera-mondo che si irradia da una stanza e invade l’appartamento che la circonda, in cui si svolgono eventi imprevedibili, vissuti da personaggi tragici e comici.
«Quella narrata da Kafka è la storia di un paradosso – spiega Barberio Corsetti –, di un giovane uomo – Gregor Samsa – che una mattina si sveglia trasformato in un insetto immondo, e che viene isolato da tutti, a cominciare dalla sua stessa famiglia. Da qui inizia un lento logoramento che fa scivolare Gregor nel disagio, nella depressione, in una condizione psicologica che somiglia molto a quella che abbiamo subito a causa della pandemia». La causa prima di questa rinuncia a sé stesso, di questa fuga dalla propria identità è il suo lavoro subordinato e la sottomissione, per compierlo, a regole massacranti, all’imbecillità gerarchica, con un’eco lontana di minacciose strutture burocratiche e voci maldicenti. «L’idea di mettere in scena questo testo – continua il regista – viene dal desiderio di comunicare attraverso il teatro la portata profetica e universale del testo di Kafka. La ripugnanza, la maldicenza, l’emarginazione, l’incomunicabilità, sono condizioni che affliggono Gregor ma che possono travolgere anche noi, oggi, se non ne siamo consapevoli».
L’operazione di trasposizione per le scene di un breve romanzo, capolavoro del Novecento, che compie Barberio Corsetti è sofisticata e convincente. Egli sceglie di far raccontare la storia dagli stessi personaggi nel momento stesso in cui la interpretano, con una sorta di straniamento brechtiano, assolutamente efficace ed organico. Lo straordinario Michelangelo Dalisi si trasforma letteralmente in uno scarafaggio e ce lo fa vedere, adoperando tutte le sue risorse fisiche e vocali. I suoi compagni di scena sono all’altezza del protagonista. Una menzione speciale per le scenografie girevoli di Massimo Troncanetti, che dividono fisicamente lo spazio tra ciò che è mondo e ciò che è immondo e che sorprendono anche per l’utilizzo di alcune soluzioni di grande effetto (come quando Gregor/Scarafaggio si arrampica sulla parete della sua stanza). Spettacolo inquietante ed ironico al tempo stesso e, in definitiva, bello da vedere.