In scena, al Teatro Nuovo di Napoli, “La Riunificazione Delle Due Coree” di Joel Pommerat, nella prima versione italiana di Caterina Gozzi, per la regia di Alfonso Postiglione; una produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro, in collaborazione con La Corte Ospitale (Rubiera) e Armunia Festival Inequilibrio (Castiglioncello) (repliche fino a dom. 26 Marzo).
Joel Pommerat nasce attore e dal 1986 diventa autore e regista dei suoi testi (ma lui ama definirsi “autore di spettacoli”). Con La Riunificazione Delle Due Coree ha vinto diversi premi in Francia, per il testo e la messa in scena, co-prodotta dal Mercadante-Teatro Stabile di Napoli, nell’ambito del progetto Cities on Stage. Lo spettacolo è strutturato in diciotto quadri, brevi storie slegate l’una dall’altra, per nove attori e cinquantun personaggi, il cui fil rouge è l’Amore in tutte le sue possibili declinazioni. “La coatta divisione politica delle due Coree – spiega Postiglione – si presta soltanto come metafora, di platonica discendenza, per interrogarsi sulle difficoltà di ri-unione di due anime gemelle”. Vengono così scandagliati rapporti coniugali, filiali, d’amicizia, di sesso e di tradimento, amori consumati o immaginati, sempre in bilico tra naturalismo e fantasia. Storie in cui non c’è unione senza separazione, appagamento senza insoddisfazione, appropriazione senza perdita, felicità senza dolore.
Alfonso Postiglione sceglie di approfondire i rapporti fra i personaggi, in un gioco corale dal quale – di volta in volta – si staccano dei frammenti di storie che vengono, in primo piano, sottoposti all’attenzione del pubblico. Il tutto condito di drammaticità e ironia. Buono il ritmo dello spettacolo, anche se di taluni quadri si sarebbe potuto anche fare a meno. Bravissimi gli interpreti che vale la pena nominare tutti: Sara Alzetta, Giandomenico Cupaiuolo, Paolo De Vita, Biagio Forestieri, Laura Graziosi, Giulia Innocenti, Gaia Insenga, Armando Iovino, Giulia Weber. Il particolare elemento scenico è di Roberto Crea, i costumi di Marianna Carbone, le musiche di Paolo Coletta.