Malìa napoletana Napoli 1950 – 1960, il nuovo raffinato spettacolo di Massimo Ranieri, in scena fino a lunedì 13 novembre 2017 al Teatro Diana di Napoli.
Dopo più di cinquant’anni di carriera, Massimo Ranieri si regala e regala al suo pubblico, sempre più numeroso di una devozione senza fine, uno straordinario spettacolo sulle canzoni napoletane del secondo dopoguerra cui l’artista si è cucito addosso curandone anche la regia. Accompagnato sul palco dai migliori jazzisti italiani di fama internazionale, Enrico Rava tromba e filicorno, Stefano Di Battista sax alto e sax soprano, pianoforte Rita Marcotulli, Riccardo Fioravanti contrabbasso e Stefano Bagnoli batteria.
Malìa napoletana è una rilettura in chiave jazzistica di alcune canzoni napoletane, eredità dei suoi anni vissuti dopo una Napoli distrutta dai bombardamenti, che ha sopportato migliaia di morti dei propri cari e invasa da stranieri. Anni bui e tristi di ripresa in cui la canzone napoletana iniziò a scrivere le pagine più interessanti e, soprattutto, iniziava a descrivere le prepotenze subite. Lo spettacolo di Massimo Ranieri inizia con due grandi testamenti, Tammurriata nera e Dove sta Zazà?
Zazà è una segnorina, una Filumena Marturano, una ragazza poverissima con tanti fratelli e genitori da sfamare che si prostituisce agli occupanti anglo-americani, donne da loro definite bottino di guerra. Ed è la stessa Zazà descritta in Tammurriata nera, che si ritrova con un criaturo niro niro.
“Ho iniziato questo spettacolo con Tammurriata, spiega Ranieri, per un motivo ben preciso. Questa canzone è del 1946 e con essa finì una storia tristissima e cominciò un’altra meravigliosa. Era finita la guerra e a Napoli e, in tutta Italia, si tornava a vivere. Stavano per arrivare anni di sogni e di amore, quelli erano gli anni in cui ero ‘nu guagliunciello, un bambino, e, io sono cresciuto in quell’atmosfera degli anni ‘50 e ’60, eravamo sereni e pieni di speranza, perciò mi sono voluto regalare questo spettacolo per ritornare in quell’epoca meravigliosa.”
Massimo Ranieri riscrive, in versione jazz, canzoni di grande impatto emotivo, un patrimonio artistico che ha conquistato il mondo, brani incisi anche in due album di successo, usciti nel 2015 e 2016, Malìa – Napoli 1950-1960 I e II, prodotti da Mauro Pagani: “Ero molto eccitato dall’idea di un lavoro nuovo e diverso da tutto ciò che aveva fatto fino allora – racconta Ranieri in occasione dell’uscita dell’album – Ero consapevole che con esso si sarebbe aperta una nuova strada, che mi avrebbe portato nella Napoli degli anni Cinquanta. Un periodo in cui nella mia città l’influenza degli americani, giunti alla fine della guerra, ebbe un peso notevole nella cultura musicale della mia città.”
Notevole e potente l’accompagnamento dei grandi jazzisti, artisti con un enorme valore nella storia musicale italiana, impreziosisce un rinnovato scrigno di brani resi con una vitalità senza tempo. Lo spettacolo continua con Resta cu’ mme, una delle più belle canzoni scritte da Domenico Modugno, che non era napoletano, e a proposito di questa canzone, Massimo racconta: “ erano certo anni bellissimi, come dicevo, ma eravamo anche parecchio arretrati. Ci lamentiamo, giustamente, dei tempi che stiamo vivendo oggi, però, per certe cose, siamo anche migliorati. Pensate che Resta cu’ mme all’epoca fu censurata dalla rai, ritenne scabroso il verso ‘Nu’ me ‘mporta dô passato, nu’ me ‘mporta ‘e chi t’ha avuto’, che presumeva che la donna amata avesse avuto altri uomini, e la Rai impose di cambiarlo con ‘Nu’ me ‘mporta si ‘o passato, sulo lagreme m’ha dato’.”
Poi, Torerò, Indifferentemente, Anema e core, su quest’ultimo brano Massimo Ranieri ricorda il suo incontro con Roberta Flack: “Negli ultimi giorni di lavoro a Milano, provando i brani per questo spettacolo, mi è tornato in mente un episodio, quando conobbi a New York, per una trasmissione televisiva alla Carnegie Hall, la grande meravigliosa avrebbe Roberta Flakc…” e intona Killing me softly with his song, canzone portata al successo dalla Flack “…e lei mi chiese se fossi napoletano, e mi disse che amava molto le nostre canzoni e si sedette al pianoforte e mi fece ascoltare una indimenticabile Anema e core.”
Il concerto inizia a prendere forma tra ricordi vari, un altro particolare saluto va al maestro Sergio Bruni, l’artista napoletano che ha creduto in quel Giovanni Rock, oggi Massimo Ranieri, di solo tredici anni, portandolo con sé in tournèe a New York, un grande lancio per un giovane cantante.
E con Giacca rossa ‘e russetto, Te voglio bene tanto tanto e Luna Rossa si chiude la prima parte dello spettacolo.
“Questo spettacolo s’intitola Malia – racconta Massimo Ranieri prima di cantare Te voglio bene – parola che dice tutto, l’incantesimo di questa musica che ha stregato e ammaliato, lo possiamo dire con orgoglio, tutto il Mondo. Questa parolina magica sta nascosta in una canzone, Te voglio bene tanto tanto, scritta da un altro grande artista che, anche lui, come Domenico Modugno, non era napoletano e fu stregato anche lui e sto parlando di quel piccolo grande uomo che è stato Renato Rascel”
Inizia la seconda parte dello spettacolo con Luna Caprese e ogni brano viene impreziosito ora dalla tromba di Enrico Rava ora dal sax di Stefano Di Battista estasiando e cullando il pubblico del Diana. Arriva Tu vuò fa’ l’americano, di quel genio di Renato Carosone, “grande rivoluzionario della canzone napoletana che ha scritto di getto, in un quarto d’ora esatto, un pezzo perfetto”.
Strada ‘nfosa, Ue’ ue’ che femmena, e Nun è peccato “Due anni fa, continua con i suoi racconti l’artista partenopeo – mentre stavo preparando lo spettacolo televisivo ‘Sogno e son desto’ mi venne a trovare a sorpresa una mia amica, Stefania Sandrelli, si sedette in mezzo al nostro gruppo di lavoro, stupenda meravigliosa con questo viso irresistibile, e, mi disse: Vorrei venire nella tua trasmissione, Massimo, e c’è una ragione precisa, voglio cantare con te la canzone che ho adorato più di tutte da ragazza. E cominciò a cantare per noi, tutti basiti e ammaliati. Ovviamente il sabato dopo Stefania era accanto a me, lì in televisione, e, la canzone era Nun è peccato.”
Fa un bellissimo omaggio a Pino Daniele con Tutta n’ata storia, “il mio amico Pino non fa parte della musica di quegli anni, ma non ho potuto fare a meno di cantare questa canzone, perché Pino c’è stato sempre e ci sarà sempre e, proprio per questo, vorrei dedicargli alcuni piccoli versi di Aldo Palazzeschi: Muoiono i poeti ma non muore la poesia perché la poesia è infinita come la vita. Ciao Pinù.”
A finire la seconda parte, Massimo canta Malatia, Doce Doce e un grande successo conosciuto anche dai bambini, ‘O Sarracino.
Sulla canzone Doce doce, dice “Mi accorgo che, più passano gli anni, e più mi convinco che nella vita, le cose vanno come devono andare, non ci dobbiamo illudere di essere assolutamente noi che decidiamo tutto. Facciamo un esempio semplice, uno dei più grandi successi di Fred Bongusto era il lato B di un 45 giri, la cui canzone principale s’intitolava, Bella bellissima. Qualcuno se la ricorda? Neanch’io. Invece, dall’altra parte del disco c’era Doce Doce.”
Massimo lascia la scena, ma concede al pubblico una sorprendete terza parte, bis d’eccezione, i suoi più grandi successi racchiusi in un medley meraviglioso, accompagnato al piano da Rita Marcotulli, Vent’anni, Erba di casa mia e Rose rosse, per la quale racconta: “Anche a me è capitata la faccenda della facciata B. Nel 1969 lanciamo una canzone, sicuri che avrebbe avuto un grande, grandissimo successo ed era ‘Il mio amore resta sempre Teresa”, ve lo ricordate? Neanch’io, perché giuro che non l’ho mai cantata, invece, dall’altra parte, sul lato B, c’era Rose rosse.
E lo spettacolo si chiude con il successo con il quale Massimo Ranieri trionfò al primo posto al festival di Sanremo, Perdere l’amore, accompagnato non solo al piano da Rita Marcotulli, ma anche dal suggestivo sax di Stefano di Battista.