Che bello il teatro! Quando poi è quello raffinato, elegante, ironico, divertente come nel caso di “Calendar Girls” proposto al teatro Diana di Napoli (repliche fino al 20 novembre), allora è davvero un dono per gli spettatori. Il teatro vomerese non sbaglia un colpo e il pubblico premia le scelte artistiche affollando, in tutti i turni di abbonamento, la struttura.
“Calendar Girls” è l’allestimento italiano del testo teatrale scritto da Tim Firth tratto dall’omonimo film diretto da Nigel Cole; in scena Angela Finocchiaro e Laura Curino con Ariella Reggio, Carlina Torta, Matilde Facheris e Corinna Lo Castro.
Cosa dire di un lavoro in cui tutto funziona? Cercare di raccontare è il minimo che posso fare per restituire un po’ della magia che mi ha colpito seduta in platea.
Protagonista della pièce un gruppo di donne tra i 50 e i 60 anni membri dell’associazione benefica Women’s Institute che si impegna in una raccolta fondi destinata all’ospedale in cui è morto di leucemia il marito di una di loro. Chris, la leader del gruppo, interpretata da un’inedita Angela Finocchiaro, stanca di vecchie e fallimentari iniziative di beneficenza convince le amiche a posare nude per un calendario non convenzionale che porterà loro un’improvvisa e inaspettata fama.
Alcune riflessioni: la regia è curata da Cristina Pezzoli e, forse, solo una donna poteva riuscire a portare sulla scena un nudo femminile costruito in maniera così accurata da trasformare le protagoniste in moderne Fregoli: le donne sono impegnate nel costruire delle scene in cui il nudo non è mai gettato in faccia al pubblico, ma è accennato, intravisto, composto, bello o come dicono le protagoniste “artistico”. La riuscita del lavoro sta anche nella perfetta scelta del cast: le protagoniste, tutte, raccontano il loro personaggio con tale grazia, proprietà, incisività da sembrare da sempre “cucite” in quel ruolo.
Su tutte la Finocchiaro che con la sua ironia lascia il pubblico incantato e felice, ma è il gruppo che funziona alla perfezione.
In una intervista la Finocchiaro attribuisce alla regista la capacità di creare un gruppo talmente coeso da avere deciso, in corso d’opera, di recitare nude e di non utilizzare “delle orrende tutine color carne”. Certo anche per un animale da palco come è l’attore non è facile misurarsi con la prova del nudo, ma credetemi in questo lavoro è tutto talmente grazia, delizia, garbo che la nudità passa in secondo piano.
La recitazione di ogni attrice è una nota perfetta del “pentagramma spettacolo”.
Un lavoro molto riuscito, da vedere e perché no, anche da rivedere.
Brave tutte, davvero.