Al Teatro Sannazaro di Napoli è di scena lo spettacolo Verso la Libertà, scritto e diretto da Stefano Ariota, tratto dal film Train de Vie, con Giuseppe Brandi, Tony Cilvelli, Emanuele Di Simone, Francesco Petrillo, Ciro Scherma; una produzione Lab Form and Connection (repliche fino a merc. 19 marzo).
Era il 1999 quando uscì nelle sale uno dei film più originali, divertenti e commoventi sulla Shoà, Train de Vie, ai cui dialoghi italiani aveva collaborato Moni Ovadia. Verso la Libertà si ispira a quella storia, con personaggi e situazioni rimaneggiati da Stefano Ariota ma essenzialmente fedeli nello spirito a quelli della pellicola che mette in scena un folle gioco, tra sogno e realtà. Protagonisti sono ROB, REN, ROS, RIC, RAF, cinque amici ebrei che vivono in un villaggio nell’entroterra slava. In una sera di una tiepida primavera, durante l’organizzazione per un banchetto con musica, danza, giochi, Ric – che non ci sta tanto con la testa – arriva sconvolto perché ha saputo che i nazisti stanno arrivando. Terrorizzati ed impauriti, tutti hanno una crisi, temendo di essere deportati. Ma la crisi si placa quando Ric, che ha dato la triste notizia, trova anche la probabile e folle soluzione: fare una colletta nel villaggio per acquistare un treno vero e organizzare una finta deportazione, con tanto di finto gerarca nazista pescato a sorte tra di loro. È questo l’unico modo per sfuggire alla vera deportazione. Ma la storia che ci racconteranno sarà, poi, vera? «Si tratta di cinque folli – spiega Ariota – che pensano di conquistare il mondo in un modo assurdo e impossibile. I colori dell’arcobaleno che contrassegnano i loro gilè denotano un grande senso dell’umorismo, un ossigeno di divertimento, per far sì che lo sgangherato treno sia pronto per partire. Questa storia, che può sembrare singolare nel suo genere, è atemporale, non ha una collocazione tematica. Infatti non ho voluto sottolineare la crudeltà, ma sognare in modo paradossale, ottimista, assurdo addirittura, evidenziando che vivere liberi e felici usando l’intelligenza sia la cosa più importante.»
E con intelligenza e fantasia Stefano Ariota concepisce questo gioiellino di spettacolo, puntando su cinque bravissimi giovani attori che coi loro corpi e le loro voci riempiono uno spazio scenico vuoto che diventa spazio del gioco e della riflessione. Ciò che fanno Brandi, Cirvelli, Di Simone, Petrillo e Scherma è infatti rendere plastica l’idea del regista di portare il sogno sul palcoscenico, rendendo plausibile e organico il mondo surreale che scaturisce dalla loro fantasia. I cinque lo fanno divertendosi e – di conseguenza – divertendo il pubblico che si lascia trasportare dal loro gioco scenico in un’altra dimensione dove tutto diventa verosimile: le sedie che diventano – di volta in volta – treno e recinzione di contenimento, giochi di carte con mazzi invisibili, balletti e danze caraibiche nel bel mezzo dall’Europa dell’est del secolo scorso. E quando il gioco finisce e si riaccendono le luci della ragione, si ha l’impressione di aver assistito a un bel sogno il cui tenero ricordo s’infrange contro la dura realtà. Una bella prova per regista e attori, per uno spettacolo divertente, commovente, delicato, sostenuto da buon ritmo.