In scena, al Piccolo Eliseo di Roma, Giusto La Fine Del Mondo di Jean-Luc Lagarce nella versione di Franco Quadri, con Anna Bonaiuto, Alessandro Tedeschi, Barbara Ronchi, Vincenzo De Michele, Angela Curri, per la regia di Francesco Frangipane; una co-produzione Teatro Argot e Teatro Metastasio di Prato in collaborazione con Pierfrancesco Pisani e Amat (repliche fino a dom. 1 marzo).
Scomparso prematuramente a 38 anni nel 1995 per AIDS, Jean-Luc Lagarce è stato l’autore teatrale francese più originale e incisivo di fine secolo. Pressoché sconosciuto in Italia, in Francia è ancora oggi il drammaturgo più rappresentato, dopo Shakespeare e Molière. Giusto La Fine Del Mondo è forse il suo dramma più riuscito, del 1990. Sicuramente il più autobiografico. Tanto che nel 2016 Xavier Dolan ne ha tratto un film, vincitore del Grand Prix della Giuria a Cannes e di diversi premi César. In esso si narra la storia del giovane Louis che torna nella casa dei genitori, dopo dodici anni di assenza, per comunicare la sua imminente morte. Ad attenderlo ci sono la madre logorroica e proiettata nel passato (il padre, invece, è morto), la sorella minore Suzanne, che quasi non conosce, il rancoroso fratello Antoine e sua moglie Catherine. In un contesto familiare apparentemente normale, in una tranquilla domenica pomeriggio, verranno a galla vecchi risentimenti e personali frustrazioni che travolgeranno il protagonista in un turbinio di parole e recriminazioni, tanto da rendergli impossibile svelare il vero motivo della sua visita.
Francesco Frangipane si sobbarca il compito non facile di dirigere un dramma fatto essenzialmente di parole e sottintesi, in cui l’umore dei personaggi cambia repentinamente a seconda dei momenti e dei ricordi che man mano affiorano. Se poi aggiungiamo l’abolizione delle quinte e la permanenza sulla scena degli attori che giocano, così, anche i fuori scena (cosa che è ormai una sua cifra stilistica), ci si rende conto dell’enorme lavoro di cesellatura che conduce ad un insieme molto organico, credibile, dove non mancano momenti di vera ironia e dove – tuttavia – i controscena non disturbano affatto l’azione principale. Una chicca, in questo senso, è la creazione della cameretta di Suzanne tramite una semplice cornice, che dà modo allo spettatore di “sbirciare” i personaggi che vi si rifugiano. In effetti tutta la scenografia, sapientemente ideata da Francesco Ghisu, rimanda a un gioco di scatole cinesi dove, dall’esterno dell’abitazione, si passa all’interno del salotto semplicemente alzando le tapparelle delle finestre, fino a raggiungere le stanze più interne della casa. Ottima la prestazione attoriale dei protagonisti, ben diretti e affiatati. A cominciare dalla energica Anna Bonaiuto e dal profondo e incisivo Alessandro Tedeschi. Angela Curri, Vincenzo De Michele e Barbara Ronchi caratterizzano al meglio i loro personaggi. Toccante e geniale la scena finale, con la proiezione su tapparelle di un video realizzato da Lorenzo Cicconi Massi.
Spettacolo da vedere.