In scena al Piccolo Bellini di Napoli fino al 9 febbraio “In nome del padre”, uno spettacolo di e con Mario Perrotta, con il supporto psicoanalitico di Massimo Recalcati. Il drammaturgo-attore Mario Perrotta mette in scena, magistralmente, tre figure paterne diverse tra di loro per cultura e stato sociale, accomunate da pesanti problematiche con i rispettivi figli adolescenti. Le tre figure di padre (il dotto giornalista, l’operaio sempliciotto, il superstizioso e benestante padre napoletano) hanno una enorme esigenza di sentirsi amati e accettati dai loro figli, per raggiungere questo riconoscimento dicono sempre di “sì” eliminando il conflitto, appiattendo i rapporti, con la falsa e stantia retorica del dialogo a tutti i costi e della parità. Cosa resta oggi della figura del padre? Essere genitori oggi è una missione impossibile? Nella società occidentale, dominata dalla sete infinita di libertà e profondo narcisismo , la potente funzione educativa del Dio-Padre è tramontata, dando luogo solo a disagi e smarrimento. Il ruolo paterno oggi è lontano anni luce dalla legge dei “no” che hanno caratterizzato le epoche precedenti: nel nostro tempo la famiglia è subordinata alle esigenze del dio-figlio che dalla sua posizione privilegiata rigetta ogni forma di limite e mancanza. Paradossalmente il disagio della gioventù attuale è quello della mancanza di desiderio. Oggi siamo fagocitati da una società consumistica che considera l’oggetto come rimedio al dolore di esistere, quasi come panacea per tutti i mali. Mario Perrotta si sofferma ad analizzare le cause che sono a monte della – sindrome di hikikomori- fenomeno in forte crescita, che vede coinvolti più di 100mila adolescenti che si chiudono in casa, isolati, per paura del mondo, rifiutando ogni aiuto. Hanno come unica finestra sul mondo il PC che non causa stress e ansia come la vita reale. Una società che collassa per mancanza di differenziazione di ruoli: bambini equivalenti ai genitori, madri alle figlie, padri ai figli. Questa democratica omogeneità dei ruoli nella famiglia ipermoderna porta solo frustrazione – disagio- infelicità. Mario Perrotta ha donato al pubblico una sua intensa e straordinaria interpretazione, un tour de force di immedesimazione fisica davvero notevole, mostrando il lato tenero, intimista, patetico dei personaggi, facendoci toccare con mano la loro profonda solitudine esistenziale.
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