Misurarsi con Eduardo non è mai slemplice, per la varietà degli spunti interpretativi che offre. Misurarsi con un testo come Natale in Casa Cupielo è arduo, per l’inevitabile quanto irritante paragone con la celeberrima edizione televisiva del ’77. Farlo assolo, interpretando tutti (o quasi) i personaggi della commedia, può sembrare pura follia. Eppure proprio questa è stata la scommessa (riuscita) del bravo Fausto Russo Alesi, palermitano, classe ’73, che ha adattato diretto e interpretato il capolavoro eduardiano per il Piccolo Teatro di Milano, e ora in scena al Teatro Nuovo di Napoli (repliche fino a domenica 3 Novembre).
L’esigenza di riproporre questo testo in solitaria nasce dalla considerazione che in casa Cupiello ormai “non si dialoga più veramente ma si monologa”, spiega Alesi. “I personaggi, incapaci di parlarsi apertamente, si nutrono di finzione”, e la casa diventa “il primo luogo di mancanza di reale comunicazione”. Vediamo, dunque, presentarsi ai nostri occhi, con un ritmo incalzante, Lucariello, candido e puerile ma anche colpevolmente distratto dai suoi giochi che lo rintanano in una realtà di finzione (il presepe, appunto); Concetta ( lei forse sì un po’ troppo vicina al ricordo di Pupella Maggio), ”regina” ma anche “nemica della casa”, pronta a tenere all’oscuro il marito dei disastri dei figli, pur di mantenere una parvenza di normalità; il figlio Tommasino, viziato e mammone e, forse per questo, reso anche effeminato (intuizione originale e non inappropriata); la figlia Ninuccia, anch’ella viziata e infelice col marito Nicolino, il personaggio più ambiguo, padrone in casa sua e in quella dei suoceri; Vittorio, egoista amante di Ninuccia, non migliore di suo marito.
A tutti questi personaggi (e altri ancora) Alesi riesce a dare timbro, gestualità e caratteri diversi e ben distinguibili. Per fare ciò si serve di tutti gli strumenti possibili, dalla voce all’atteggiamento fisico, fino all’utilizzo delle didascalie del testo “recitate” per meglio definire personaggi e ambientazioni.
A sostenerlo sono anche le belle e varie musiche di Giovanni Vitaletti, il cui utilizzo discreto e non invasivo ben sottolinea le diverse atmosfere – comiche e tragiche – del dramma; le appropriate luci di Claudio De Pace; le scene evocative di Marco Rossi, che trasportano lo spettatore nella “terremotata” casa Cupiello e, al tempo stesso, in quel fittizio quanto decadente mondo del Presepe e, se si vuole, del laboratorio dell’attore che destruttura, analizza e ricompone un testo che a ottant’anni dalla prima ha ancora molto da dirci.
Alla fine, applausi sentiti. Il che, per un pubblico napoletano, non è poco.
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