Al Teatro Nuovo di Napoli è di scena Come tutte le ragazze libere di Tanja Sljivar, traduzione di Manuela Orazi, con Irene Petris, Simonetta Solder, Liliana Massari, Sofia Celentani, Sara Mafodda, Martina Massaro, Sylvia Milton, Swami Rotolo, per la regia di Paola Rota; una produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, 369gradi e PAV nell’ambito di Fabulamundi Playwriting Europe (repliche fino a dom. 4 febbraio).
Il testo della drammaturga bosniaca Sljivar è ispirato a un fatto di cronaca risalente al 2014. Una scuola media in gita a Sarajevo torna al piccolo paese con ben sette ragazzine tra i tredici e i quindici anni incinte. Il fatto scatenò la rabbia dei genitori e dell’opinione pubblica. In breve, da pettegolezzo pruriginoso divenne un caso politico, con il governo ed il ministro addetto alle nascite intenzionati a non far portare a termine le gravidanze. Impossibile, però, risalire all’identità delle ragazze, nonché dei loro compagni co-responsabili della situazione. Tanto da indurre a dubitare della veridicità della notizia.
Su questa base di verità, la Sljivar compone un canto intonato da otto voci femminili, otto attrici di grande talento e capacità nel vestire i panni di altrettante ragazze giovanissime, che procede per monologhi e dialoghi, sempre in un’atmosfera giocosa (tipica di quell’età) anche quando si affrontano temi importanti. Così, un po’ alla volta, esse si scoprono e rivelano le une alle altre e a noi i loro desideri, le loro ambizioni di giovanissime madri e donne, il loro punto di vista sul mondo ipocrita degli adulti e del potere, la loro voglia di rompere le regole imposte da una società ancora troppo bigotta. E’ un anelito alla libertà questo canto, da ricercare sicuramente in un altrove, dove vivere serenamente la loro sessualità e dove poter prendere autonomamente decisioni sul proprio corpo e sulla propria vita. E’ uno spettacolo, questo di Paola Rota, che piace perché completamente scevro da qualsiasi giudizio morale, dove la giovanissima età delle protagoniste, che come tutte le loro coetanee sono imbevute di cultura pop e di social, vuol essere un inno alla vita e al futuro, cui si contrappone un mondo che guarda troppo spesso al passato. Come dice una di loro, indicando il pancione: “Ci temono perché qui dentro c’è troppo futuro.”