Lo scorso weekend, al Centro Teatro Spazio di San Giorgio a Cremano (Napoli), nell’ambito della stagione teatrale 2018-2019, l’associazione Jesce Sole ha presentato lo spettacolo dal titolo ’Na manciata ’fave, per la regia di Enzo D’Aniello con Marina Billwiller e Marilia Marciello.
Si è trattato di un atto unico, scritto da Annalisa Castellitti ed Enzo D’Aniello che nasce dall’idea di portare in scena il grido di dolore Rosa, figlia immaginaria di un boss. Il testo, sperimentato nel corso del Master in Drammaturgia e cinematografia della Federico II, ricostruisce le tappe del viaggio interiore di Rosa, la quale cercherà di riscattarsi per cambiare definitivamente vita.
Lo spettacolo, pur avendo come scenario la malavita campana, invita il pubblico ad immedesimarsi nella protagonista ed assaporare l’amarezza del suo stato di appartenenza ad un mondo che non accetta, invita a provare a comprendere il malessere scaturente dalla conitnua lotta combattuta tra il bene e il male, l’odio e l’amore, la rassegnazione e la speranza di poter cambiare vita. Seguendo, quindi, il personale punto di vista della protagonista (interpretata da una straordinaria Marina Billwiller) il pubblico in sala è stato coinvolto in pieno nella storia della sfortunata Rosa, che forse avrebbe voluto vivere una vita “normale” uguale a quella di tanti suoi coetanei ed invece ha dovuto subire le conseguenze delle azioni malavitose di un padre che aveva scelto la strada della prepotenza, violenza e sottomissione del prossimo.
«Rosa – spiega Enzo D’Aniello – è un personaggio che si colloca tra realtà e finzione: nasce dalla fantasia ma, nel contempo, rientra nella categoria di quelle figure umane con le quali ognuno di noi potrebbe identificarsi. La protagonista presterà infatti la sua voce ad altri personaggi, quelli che agiscono e rivivono attraverso i suoi ricordi. Personaggi della memoria, ovvero interlocutori immaginari partoriti dalla sua mente in subbuglio, la cui presenza-assenza è indispensabile per lo svolgimento del dramma».
«Quando ho letto il testo per la prima volta mi è subito piaciuto – ha dichiarato Marina Billwiller – non altro perché voleva raccontare la vicenda della camorra in maniera diversa, senza però essere pretestuoso o ridondante. Raccontarla attraverso gli occhi di una figlia in perenne contrasto con il padre in un limbo di odio/amore, che poi contraddistingue spesso i rapporti tra padre e figlia e forse ne è l’aspetto predominante. Al centro non solo la camorra, ma anche il perdono, la tenerezza e la perdita. Emozioni che riguardano tutti».
«Rosa cerca più volte di scacciare le ombre del passato – sottolinea Marilia Marciello – e di correre via dal buio, quando invece basterebbe illuminare l’oscurità per affrontare il sentiero. È un perenne confrontarsi con il suo alter ego, una sorta di distorsione tempo-spazio che la tormenta, l’ologramma di tutte quelle ombre con le quali costantemente dialoga».