«La famiglia è un nucleo di repressione delle simpatie, di obblighi ad amare, di colpe e di proteste, carezze false e veri schiaffi» Lidia Ravera
Il teatro Bellini di Napoli ospita fino al 4 febbraio Agosto a Osage County di Tracy Letts per la regia di Filippo Dini con Anna Bonaiuto, Manuela Mandracchia, Filippo Dini, Fabrizio Contri, Orietta Notari, Andrea Di Casa, Fulvio Pepe, Stefania Medri, Valeria Angelozzi, Edoardo Sorgente, Caterina Tieghi, Valentina Spaletta Tavella.
La prima mondiale dello spettacolo è stata presentata nel giugno 2007 da Steppenwolf Theatre Company, Chicago Illinois e poi ha debuttato a Brodway all’Imperial Theatre nel dicembre dello stesso anno.
Nel 2013 ne è stato tratto un film diretto da John Wells con Meryl Streep, Julia Roberts, Ewan McGregor.
La commedia di Tracy Letts, attore e drammaturgo americano poliedrico e superpremiato, è considerata una delle storie più sarcastiche ed impietose sulla disfunzionalità della famiglia. Scrive l’autore: «La speranza di ogni drammaturgo è quella di poter attingere, attraverso la narrazione, a temi universali e Agosto a Osage County ci può dare una possibilità per imparare come le dinamiche della famiglia continuino a plasmare noi e il nostro approccio al mondo».
Nella contea di Osage nello Stato dell’Oklahoma, ai margini del deserto, la famiglia Weston si riunisce per il funerale del patriarca Beverly (Fabrizio Contri), poeta, alcolizzato, depresso e morto forse suicida.
Come spesso accade nelle riunioni di famiglia, a poco a poco si fanno strada gelosie, rancori, segreti inconfessabili in un’atmosfera sospesa e rarefatta che ne accentua i toni drammatici. Ciascun personaggio vive un deserto interiore alla ricerca di un’impossibile felicità e cullandosi nella sua illusione. Ed ecco ad uno ad uno i personaggi di questa commedia cinica e pungente, dolorosa e sfaccettata: la coppia Bill (Filippo Dini) e Barbara (Manuela Mandracchia), appena abbandonata dal marito per una donna più giovane e bella, Ivy (Stefania Medri), rimasta a far compagnia ai genitori Beverly e Violet (Anna Bonaiuto), docente universitaria e innamorata del cugino Charlie Jr. (Edoardo Sorgente), Karen (Valeria Angelozzi) fidanzata con Steve (Fulvio Pepe )un uomo privo di valori che cercherà di violentare la figlia adolescente di Bill e Barbara, Jean (Caterina Tieghi). E ancora la sorella di Violet, Mattie Fae (Orietta Notari) e suo marito Charlie(Andrea Di Casa) e la fedele e saggia governante Johanna ( Valentina Spaletta Tavella), nativa americana, discendente del fiero e saggio popolo cheyenne.
Il sipario si apre lentamente e in scena, seduti a un tavolo da cucina, Beverly affida a Johanna la casa e gli affetti. La prima è una grande stanza grigia, quasi incolore intorno alla quale ruotano di volta in volta altre stanze e mobili spostati dagli stessi attori sulla scena. Percepiamo il caldo torrido del deserto che uccide anche i pappagalli abituati al clima tropicale e che rende i personaggi insofferenti e nervosi, soprattutto Mattie Fae che sventola il suo ventaglio alla velocità delle ali di un colibrì. Compare sulla scena Violet. Il suo passo è traballante e la sua voce proviene da un universo remoto tanto è impasticcata per lenire il bruciore alla bocca provocato da un cancro. Arrivano gli altri personaggi ciascuno con il proprio bagaglio di dolore e i dialoghi si infittiscono in modo convulso e spumeggiante, grottesco e ironico.
Il testo, tradotto da Monica Capuani, prende vita soprattutto nei dialoghi tra le tre sorelle che reclamano ciascuna cure ed attenzioni dove invece regnano odio e violenza. La morte del capofamiglia scoperchia il vaso di Pandora fatto di incomprensioni, egoismi, ripicche, rivalse e i toni si accendono, le parole vengono urlate tra il riso e il pianto. Soltanto Johanna riesce a mantenere la calma e, fedele alla promessa strappatale da Beverly, accoglie tra le sue braccia come la Pietà michelangiolesca, Violet ormai sola e morente.
La prova attoriale degli interpreti è a dir poco eccelsa, in particolare quella di Anna Bonaiuto che sa rendere Violet acida e tagliente, crudele e anaffettiva, segnata dalla malattia e dalla dipendenza da psicofarmaci. La sostengono in questa prova gli altri interpreti, la regia puntuale e attenta ai riferimenti poetici e narrativi del testo (lo stesso Filippo Dini nelle note di regia ha sentito il bisogno di citare Cechov, Pirandello, Ibsen ed il nostro Eduardo nonché il poeta Howard Starks a cui Tracy Letts dedica la commedia, Thomas Eliot ed Emily Dickinson), la scenografia indovinata di Gregorio Zurla e i costumi e le luci rispettivamente di Alessio Rosati e Pasquale Mari. Le musiche di Aleph Viola sanno poi sottolineare i momenti più intensi della rappresentazione in un crescendo emotivo che seduce lo spettatore. Una curiosità: la canzone, dolce e stramba che canta Charlie Jr. è stata scritta apposta per lo spettacolo.
Agosto a Osage County ha il grande merito di offrire la possibilità di confrontarci, attraverso i Weston, con il nostro concetto di famiglia e soprattutto sul modo di essere figli nei confronti dei genitori. Chi non ha sentito almeno negli anni giovanili la ribellione verso di loro? Chi non ha sognato di lasciare la casa paterna in cerca di avventura? Chi non si è reso responsabile di spaccature e di ferite deludendo i componenti del nucleo familiare investito forse da alte ed irrealizzate aspettative?
L’epoca di Furore fatta di sacrifici è trascorsa e le nuove generazioni, in conflitto con le precedenti non hanno saputo creare appaganti rapporti interpersonali. Oggi assistiamo con finto stupore allo scarnificarsi lento e inesorabile dell’istituzione famiglia dove sempre più si fanno strada prevaricazioni e violenze soprattutto sulle donne.
Alla prima lunghi e calorosi applausi, meritatissimi.