A grande richiesta torna in scena al Teatro Bellini di Napoli, dal 23 gennaio, Dignità Autonome di Prostituzione, un format firmato Luciano Melchionna. A comunicare la singolare e vivace spettacolarità di Dignità, per noi Adriano Falivene, tra i giovani attori protagonisti, napoletano di nascita, classe 1988. Dignità Autonome di Prostituzione è uno spettacolo nello spettacolo, lo show teatrale più interattivo che sia stato finora presentato, “L’isola che non c’è” riprendendo le parole dello stesso Melchionna. La casa chiusa dell’arte torna a cavalcare il palcoscenico vedendo protagonista un cast che si alternerà nel corso della programmazione, di grande impeto. L’intervista ad Adriano Falivene, tra i giovani protagonisti dello spettacolo, ci descrive in che modo l’artista si è avvicinato al format di Melchionna e la sua esperienza.
Adriano come nasci artisticamente?
«A 18 anni, concluso il mio percorso liceale, diplomandomi all’artistico, ho avuto la fortuna di poter conseguire un provino presso l’ Accademia del Bellini. Il mio mentore durante gli anni di frequentazione è stato Alvaro Piccardi di cui era direttore, ma colei che ha estrinsecato la mia passione, determinandone uno sviluppo ed una concreta incitazione,è stata l’insegnante di “verità e gioco”, Rosa Masciopinto, una donna che tutt’oggi ricordo in qualità di guru. In quel periodo fui notato da Gabriele Russo, regista e direttore artistico del Teatro Bellini, nonchè figlio di Tato Russo passato alla storia in qualità di drammaturgo, regista ,poeta , musicista ed attore. Gabriele mi notò durante un saggio, si trattava dello spettacolo “La Soffitta” dove interpretavo il ruolo di presentatore fantasista. In quell’ occasione, lo stesso Gabriele Russo mi scelse, provinandomi e volendomi poi collocare nel suo spettacolo Gran Varietà, un’esibizione che portammo in giro in Campania ed in particolare nei teatri del Sud Italia. Costruendo insieme,il mio personaggio di clown, (con il nome di Gnegno, che ancora oggi costituisce il punto di partenza anche del mio ruolo in Dignità), attraverso l’elaborazione costante della tecnica del flop e di tutti quelli che sono gli elementi di esaltazione del tragicomico. Un personaggio a me molto affine, data la passione elevata per Charlie Chaplin, accompagnata altresì dalla mia idea che l’essere umano sia rappresentato da una personalità in cui la componente tragicomica trova una maggiore verosimiglianza con la realtà che vive.»
Quando è nato l’incontro con Luciano Melchionna?
«Ho avuto l’opportunità di conoscere Luciano nel 2011 quando al teatro Italia di Roma, con Gran Varietà, fummo ospiti di Dignità Autonome di Prostituzione, che Melchionna aveva creato già da 2 anni. In quell’occasione portammo in scena un pezzo corale dello spettacolo e molto spontaneamente riuscii a mirare al cuore del regista davanti al quale mi esibii eseguendo anche da solo, uno sketch muto, il mio cavallo di battaglia : Gnegno ed il suo numero. Luciano mi scelse catapultandomi in modo entusiasmante nel cast. Da quel momento, ho inscenato in Dignità, l’estensione del clown, la faccia di Gnegno dimostrandone anche la sua contro maschera, rappresentata in termini di Insanabile. Il tragicomico che si esprime nella sua interezza.»
Che cos’è per te Dignità e quali sono le emozioni che ti trasmette?
«Dignità è una carica esplosiva che comunica uno stile di recitazione multi variegato ed eterogeneo. Un nuovo modo di fare teatro che squarcia il velo della convenzione attraverso il coinvogimento partecipativo della platea, che viene caricata di energia, che si sente anch’essa protagonista. Ed io le emozioni che sento battere, le posso racchiudere in una sola espressione “Mi sento parte del tutto”.»