All’età di 95 anni si è spento ieri, 5 dicembre 2013 a Johannesburg, Nelson Mandela. Questa mattina l’Africa ha avuto la sua prima alba senza l’uomo che ha trascorso la sua vita lottando per la pace e per la libertà.
Dal suo ricovero a giugno a Pretoria, era stato in clinica quattro volte dallo scorso dicembre. Soffriva di problemi ai polmoni, in quanto durante la lunga prigionia a Robben Island aveva contratto la tubercolosi. Inoltre, aveva anche forti problemi alla vista, causati da anni di lavori forzati alle cave di calcare.
Nel suo corpo e nel suo dolore fisico c’era tutta la sua storia. Anche dal letto di morte Mandela ha continuato a lottare per la vita.
Ieri sera, il presidente africano Jacob Zuma, lo ha ricordato e omaggiato con queste parole: «Abbiamo perso il nostro figlio. Voglio soprattutto ricordare il nostro Madiba per la sua umiltà e la grande umanità per cui il mondo intero non finirà mai di ringraziarlo.»
Nelson Mandela nacque il 18 giugno 1918 ed era figlio di un capo della tribù Thembu. Dopo aver studiato nelle scuole sudafricane per studenti neri, si laurea in giurisprudenza. Nel 1942 si unisce all’African National Congress e guida campagne pacifiche contro l’apartheid. In quegli stessi anni partecipa attivamente alle campagne di resistenza razziale messe in atto dal regime e fonda uno studio legale per dare assistenza a basso prezzo o anche gratuita ai neri.
Il 1960 viene ricordato come l’anno del massacro di Shaperville, in cui il regime razzista di Pretoria fa eliminare 69 militanti dell’ANC. Allo stesso tempo, viene anche messa al bando l’associazione.
Per questo motivo Mandela si dà alla macchia e fonda con gli altri superstiti ANC una corrente militarista all’interno del movimento stesso denominata: “Umkhonto we sizwe”, la lancia della nazione.
Nel 1963 viene però arrestato e condannato all’ergastolo. Anche dalla prigione, innegabile resta il suo carisma di leader. Mandela era già all’epoca l’anti – apartheid, Mandela era il Sudafrica.
Nel 1985 l’allora presidente sudafricano Botha gli offrì la libertà a patto che rinnegasse la guerriglia. Si cercavano escamotage per ridimensionare la figura del Madiba e con questa proposta si cercò di minare il suo prestigio. Mandela rifiutò la scarcerazione, preferì continuare la sua lotta in prigione.
Solo nel 1990 su pressioni internazionali Mandela fu liberato. Un anno dopo fu eletto Presidente dell’ANC e nel ’93 ricevette il premio Nobel per la Pace. Durante le prime elezioni libere e multietniche del ’94 fu eletto Presidente della Repubblica Sudafricana, posto che occupò fino al 1998.
All’età di 95 anni ci ha lasciato l’uomo che ha insegnato a milioni di persone quanto la vita abbia una sua dignità. Mandela, nonostante abbia comunque fatto resistenza armata, viene spesso ricordato come il “Gandhi nero”. Ciò che accomuna queste due figure, infatti, è l’uso che entrambe hanno fatto del potere.
Fin dalla sua giovinezza Mandela ha cercato di unire ed educare il suo popolo. Ancora, dopo essere stato eletto presidente ha capito che era inutile vendicarsi per una vita di ingiustizie: doveva utilizzare tutta la rabbia accumulata in quasi trent’anni di prigionia per raggiungere una libertà collettiva.
Nella sua autobiografia “Lungo cammino verso la libertà” possiamo leggere una frase, che in maniera semplice e concisa rappresenta in toto ciò che era e, di conseguenza, ciò che ha fatto: «Quando sono uscito di prigione, questa era la mia missione, liberare sia gli oppressi che l’oppressore. Non abbiamo ancora compiuto l’ultimo passo del nostro viaggio, ma il primo di un lungo e anche più difficile cammino. Per essere liberi non basta rompere le catene, ma vivere in un modo che rispetti e accresca la libertà degli altri».
Nelson Mandela è stato il più grande attivista del ‘900. Ricordando le date più importanti della sua vita, segnando nei nostri cuori le sue azioni e le sue parole, vogliamo salutare non solo un uomo che ha semplicemente contribuito alla rivoluzione, ma l’uomo che è stato la rivoluzione.