Nell’ambito del Campania Teatro Festival Federico Rampini e suo figlio Jacopo si sono interrogati ieri sera alla Floridiana-Palco Grande, sull’America di oggi e sul suo ruolo politico ed economico nel mondo.
La conversazione, introdotta dal celeberrimo brano New York New York, ha visto protagonisti entrambi. Federico Rampini, forte delle sue esperienze come giornalista e corrispondente estero per varie testate e che ci ha abituato con i suoi saggi quali Il secolo cinese, L’impero di Cindia, La speranza indiana, La notte della sinistra.Da dove ripartire a profonde riflessioni geopolitiche, ha parlato dell’America in modo analitico. Suo figlio Jacopo, attore di professione, ha raccontato al pubblico presente le sue esperienze di studio e di lavoro e la sua personale visione del pianeta America e del sogno americano.
«Il titolo della nostra conversazione va preso alla lettera ed è ovviamente provocatorio» – ha esordito Federico Rampini ed ha continuato dicendo: «Dall’inizio della guerra in Ucraina, l’America è un magnete di sentimenti negativi ed ostili ed ha riacceso polemiche circa il suo ruolo globale.Proprio come ai tempi della guerra fredda sono riemerse correnti di pensiero che attribuiscono all’America nefandezze di ogni genere: imperialismo, sfruttamento, generalismo. Percepiamo gli americani come cowboy,razzisti, violenti. I cinesi, in particolare, che hanno alle loro spalle una cultura millenaria reputano gli americani bifolchi e rozzi e questa visione è largamente condivisa in Europa. Ma ci chiediamo: è veramente così? Se osserviamo nei dettagli le migliori menti si trovano in America dai tempi di Enrico Fermi ed Emilio Segrè e le più prestigiose università si trovano in America. Ancora oggi resiste il sogno americano basato fondamentalmente sulla meritocrazia. Ho intervistato tanti giovani italiani che vivono e lavorano in America e le risposte che più mi hanno sorpreso sono state quelle che hanno attribuito la ricerca di un posto di lavoro in un Paese che non fosse sessista e che premiasse il merito».
A questo proposito ha preso la parola Jacopo che ha raccontato le sue prime esperienze lavorative da fresco laureato alla Sorbona di Parigi in lettere e filosofia. «In America è facile realizzare i propri sogni come è anche facile, purtroppo, dover ripartire da zero. Ho avuto esperienze in campo editoriale con PICADOR e una borsa di studio per frequentare l’American Academy of Dramatic Arts di New York. Il 2008 è stato un anno cruciale per me come per tanti in seguito alla bolla speculativa finanziaria».
E qui Federico Rampini ha analizzato le cause e le conseguenze di tale crisi che poi ha portato all’elezione di Donald Trump, uno dei peggiori presidenti che l’America abbia mai avuto nella sua storia.
Gli effetti politici della crisi sono stati sostanzialmente un rafforzamento della Cina e il credere che l’Europa abbia un’economia più solida rispetto all’America. Ma, ha proseguito: «L’America ha il cosiddetto quadrilatero magico: è autosufficiente dal punto di vista energetico, ha una alta tecnologia(anche bellica), non ha una crisi demografica grazie all’immigrazione e ha una moneta forte, il dollaro. Ciò che le manca forse è l’autostima che dovrebbe essere il cuore pulsante di questo quadrilatero».
Jacopo Rampini ha poi voluto parlare di un suo giorno speciale ovvero il 10 marzo 2017 quando nel ristorante, dove lui svolgeva il lavoro di cameriere per mantenersi agli studi, ha avuto come commensali Barak Obama, sua moglie Michelle e la loro figlia primogenita Malia. «La chef toscana Rita Sodi e la sua compagna Judy Williams hanno aperto un ristorante in Via Carota a New York, frequentato da molte celebrità. Un giorno mi hanno convocato e mi hanno detto che avrei servito i coniugi Obama che mi lasciarono una mancia di ben 100 dollari. Ma io quella sera non ho visto l’ex presidente degli Stati Uniti d’America ma un padre ed una madre che ascoltavano attenti la figlia parlare».
Federico Rampini ha cercato a questo punto di tracciare un bilancio relativo alla politica estera del 44° presidente degli Stati Uniti tenendo presente i suoi scritti da L’audacia della speramza a Una terra promessa. «Lo stesso Obama si è mostrato critico ed insoddisfatto del suo operato: la guerra in Libia, il suo atteggiamento ondivago riguardo alle cosiddette Primavere arabe, l’attacco militare alla Crimea da parte di Putin, sottovalutato e foriero di nuove azioni belliche, la guerra in Siria e l’uso delle armi chimiche che , a dispetto delle sanzioni minacciate, Bashar al-Assad ha usato. Non dimentichiamo che le guerre in difesa della “cosiddetta democrazia” (Vietnam -Corea-Iraq) sono state ampiamente criticate e contestate dal popolo americano. Oggi, pur essendoci da parte dei media un forte calo di attenzione alla guerra di Putin in Ucraina, c’è comunque una diffusa preoccupazione da parte degli americani per un’ eventuale escalation del conflitto».
Jacopo Rampini punta poi la sua attenzione sul problema razzismo, acuito dall’uccisione di George Perry Floyd avvenuta il 25 maggio del 2020 nella città di Minneapolis in Minnesota dalle forze dell’ordine. Jacopo ha vissuto nel quartiere di Harlem dove tale fenomeno è maggiormente esasperato.
A questo proposito Federico Rampini ha annunciato che il suo prossimo libro riguarderà l’Africa, probabile titolo La speranza africana. Paradossalmente gli aiuti economici avviati dalla campagna We Are The World promossa da Michael Jackson e Lionel Richie nel lontano 1985, hanno creato una dipendenza cronica.
E allora, continuiamo a chiederci: a cosa serve l’America?
Forse a trattenere gli impulsi guerrafondai su altri Stati e a scuotere le nostre certezze.