Dopo i fortunati debutti, nella passata stagione, alla Sala Assoli di Napoli, al Piccolo Teatro Studio di Milano e a Roma, al Teatro Vascello per Le Vie dei Festival, ritorna nel capoluogo campano, quale proposta delle festività natalizie del Teatro Nuovo, Jucatùre (Els Jugadors) di Pau Mirò, prodotto, nella versione napoletana di Enrico Ianniello che ne firma anche la regia, da Teatri Uniti in collaborazione con OTC e Institut Ramon Llull di Barcellona (repliche fino a lun. 6 Genn. 2014; feriali ore 21:00, festivi ore 18:30).
Il testo, vincitore del Premio Butaca 2012 come miglior testo in lingua catalana e del Premio Ubu 2013 come miglior testo straniero, si svolge in un vecchio appartamento dove, intorno a un tavolo, quattro uomini giocano a carte. Si tratta di un Becchino (interpretato dallo stesso Ianniello), un Professore (Renato Carpentieri), un Attore (Tony Laudadio) e un Barbiere (Giovanni Laudeno). «L’appartamento – sottolinea Ianniello – è il rifugio dove il fallimento è la regola, non l’eccezione. I soldi sono spariti da tempo, come qualsiasi possibilità di successo personale. Ma proprio sul punto di toccare il fondo, i quattro decidono di rischiare il tutto per tutto, rouge et noir, e allora il gioco si fa pericoloso». Così come accadeva in Chiòve, altro successo di Mirò (Plou a Barcelona) tradotto da Ianniello, che sviluppava l’azione in una casa dei Quartieri Spagnoli, Jùcature è ambientato nuovamente a Napoli «anche se questa volta – precisa il regista – si tratta di un’ambientazione esclusivamente linguistica, senza riferimenti geografici precisi, indefinibile così come lo sono i quattro personaggi creati da Pau Mirò: uomini di “mezz’età”, senza nome, senza lavoro e senza un vero amore che li faccia bruciare di passione. Maschere grottesche che si incontrano, in tempo di crisi, per mettere in gioco l’unico capitale che hanno a disposizione: la loro solitudine, la loro ironia, la loro incapacità di capire». Il risultato è un’ora è venti di puro divertimento, dove il lavoro di regia consiste per lo più nella direzione degli interpreti, nella creazione di tic e situazioni paradossali giocate da quattro Attori, uno più bravo dell’altro. Si ride molto, anche grazie a quelle coloriture espressive che solo una lingua come il Napoletano sa dare. Lingua che si cuce perfettamente sui caratteri di quattro derelitti che non hanno perso però l’istinto del gioco. Essi, infatti, non giocano solo a carte: giocano con la vita, coi loro limiti, coi fallimenti propri e altrui. Ed ecco che i temi della ludopatia e della crisi economica, quanto mai attuali, diventano spunto di riflessione sul più universale tema della difficoltà dell’esistenza e dei diversi modi di affrontarla.
Un’ora e venti ininterrotta di gag e situazioni esilaranti, non solo per il pubblico ma anche per gli stessi interpreti. E quando la festa finisce, se ne vorrebbe ancora. E ancora. E ancora.
Assolutamente imperdibile.