Il vecchio adagio dice che nessuno è mai profeta in patria e spesso questo però vuol dire che si ha un gran patrimonio sotto gli occhi e si lascia ad altri il piacere di scoprirlo. Questo succede con Pippo Pollina autore di pezzi di musica di raro spessore, sopratutto in questo momento storico, che pur avendo un bel seguito anche nel nostro paese, in altre parti d’ Europa e di gran lunga più conosciuto. Eppure Pippo è cantautore di grande maestria, capace di raccontare storie e vissuti, in alcuni casi, anche molto rappresentativi del nostro paese, ma qualcosa si sta smuovendo e noi vogliamo far parte dell’onda. Oggi abbiamo incontrato, a pochi giorni dall’uscita di “L’apparenza” suo ultimo lavoro, questo straordinario autore italianissimo.
Partiamo con una descrizione a parole di cosa le persone che non ti conoscono devono aspettarsi dal tuo ultimo disco?
«Bhe non è semplice rispondere a questa domanda perchè sai quando hai un percorso di circa trent’anni è difficile riassumerlo. Diciamo che chi è in cerca di argomenti, di percorsi e se si è pronti a confrontarsi con la musica e i sentimenti che questa può regalare allora la mia musica sarà sicuramente una bella sorpresa, se si cerca una mero accompagnamento o sottofondo allora forse è il caso di lasciare stare».
È chiaro nella tua musica il riferimento alla scuola cantautorale italiana, ti sei mai sentito messo a confronto?
«Guarda questo è un problema tutto italiano, mi spiego; all’estero ovviamente c’è anche una tradizione musicale e nel solco di questa tradizione ci si muove in tanti, si scrive, si compone, ed è normale che in alcuni momenti ci sono dei riferimenti che escono fuori; mi viene in mente per risponderti l’ultima intervista di Frank zappa prima di morire, in cui il giornalista gli chiedeva se avesse più rubato da altri nella sua carriera oppure se fosse stato più rubato da altri, bhe lui rispose che aveva esclusivamente rubato nella sua carriera e io credo che questo renda molto l’idea di quelo che penso.»
La tua musica è un veicolo per raccontare la realtà che evidentemente vivi tutti i giorni, ma come hai iniziato a scrivere questo tipo di testi, da dove è nata l’ispirazione originale che ti ha fatto , diciamo, scegliere la musica di contenuto, piuttosto che la classica (e sicuramente più commerciabile) musica leggere all’italiana?
«Per me la musica è stata ed è un’isola, un rifugio meraviglioso nel quale mi veniva data la possibilità di comunicare ed esprimere emozioni che non riuscivo a veicolare a parole. Quindi ho capito che la musica diventava un mezzo potentissimo con cui esprimermi e toccare la gente in modo diverso rispetto al rapporto normale con le persone, quindi ho capito che con la musica potevo descrivere un mondo estetico e allo stesso tempo condire questo mondo estetico che volevo comunicare con contenuti, ideali e sogni. Credo che la canzone abbia questo privilegio, perchè ti dalla possibilità di dire cose che non riusciresti mai a dire in altro modo e per me questa è proprio una esigenza.»
In questo momento storico in cui la musica si banalizza molto , ti sei mai sentito dire che i tuoi lavori non fossero per il grande pubblico?
«Ci sono stati alcuni che hanno detto questo ma io ho sempre creduto che ognuno poi si sceglie la propria strada, io sono grato al successo se arriva, ma non è lo scopo per cui ho fatto questa scelta di vita. Io scrivo quello che sento nella speranza che possa arrivare a più persone possibile, ma poi questo non dipende esclusivamente da pezzo ma anche da una serie di altri fattori come la distribuzione ecc. Diciamo che io ho sempre fatto quello di cui ero convinto e che sentivo di esprimere, poi se questo arriva al successo meglio ancora altrimenti ci prendiamo quello che arriva.»
Ma tu poi quando sei a casa o con amici, che musica ascolti?
«Guarda quando sono a casa io ascolto pochissima musica perchè ho bisogno del silenzio, faccio tantissimi concerti e quindi ho poi bisogno del silenzio, in ogni caso mi rilassa moltissimo la musica classica, o la tradizione musicale internazionale, come Veloso e tanti altri; la musica italiana di ora che mi è capitato di ascoltare in questi giorni mi ha colpito poco sinceramente e quindi non l’ascolto molto.»
Tu sei molto attivo anche all’estero, trovi ci sia una differenza tra chi ti segue in patria e il pubblico invece straniero?
«Sicuramente, il mio pubblico italiano è un pubblico più,diciamo, intellettuale che mi segue per le tematiche che io affronto e per le cose che scrivo,canto e tratto e sicuramente un pubblico più attento e pronto a recepire certi contenuti. Al di fuori dell’Italia è facile trovare un tipo di umanità molto più variegata diciamo così.»