Un’operazione di restyling sostanziale quella che ha portato Noemi a concepire Made In London, un disco di grande svolta per la cantautricee romana. Anzitutto perchè è produttrice e direttore artistico, cioè ha preso tutte le scelte in prima persona. Poi perchè per la prima volta incide un brano in inglese (Don’t Get Me Wrong) e rispolvera l’amore per l’elettronica anni ’80 e ingenerale dal sapore British. Noemi lo fa andandosene a vivere a Londra. Ci siamo fatti dire come e perché.
Made in London è la più grande svolta alla tua carriera. Perché lo hai fatto ora.
«A volte bisogna prendere coraggio e decidere di fare le cose a proprio modo perché spesso è più facile scaricare sugli altri le tue decisioni. Sono stata fortunata ad avere un team che ha creduto in questa scelta. Io per fare un disco così, mi sono proprio trasferita a Londra, non è che volevo andarci solo per registrare. Perché dopo Rosso Noemi che era andato bene, per carità, mi ero iniziata a fare tante domande. Sono io al 100%? Mi rappresenta in toto? E quindi ho voluto fare di testa mia, sperando che questo segnale venga percepito bene.»
Com’è andata?
«I primi 20 giorni mi sono ambientata, ho fatto la turista, anche se conoscevo già la città, e mi sono presa delle lunghe pause ai pub. Poi ho iniziato a stanziarmi a West London, a conoscere persone, ad andare nei locali a sentire e respirare quello che si fa musicalmente in una città così stimolante.»
Con chi hai collaborato?
«Con Paul Statham che ha scritto White Flag con Dido. Appena arrivata ho voluto conoscere Steve Brown che è responsabile del disco dell’anno secondo me, quello di Laura Mvula che mi ha catturato. E poi il due di produttori giovani Electric che si farà sentire molto nel futuro.»
Hai voluto dare un taglio netto alle tue radici o le conservi con gelosia?
«Tuttaltro, volevo che la mia italianità venisse fuori anche lì. Infatti ho chiamato degli autori che mi sono molto vicini. Diego Mancino e Luca Chiaravalli. E poi c’è il mio amico dai tempi di X Factor Daniele Magro che ha scrittoTutto L’oro del Mondo, un testo molto coinvolgente.»
Una canzone simbolo di questo disco?
«Acciaio che ho scritto sia nei testi che nella musica, una canzone davvero diversa per chi è abituato ad ascoltarmi. Sono anche stupito che piaccia a chi l’ha già ascoltata.»
A Sanremo porti due brani molto diversi, li vuoi raccontare?
«Il disco è frutto di un modo molto vintage di lavorare, di fare le cose assieme ai musicisti e ai produttori, non nascondersi dietro la tecnologia. Da questa aria vissuta è nata Un Uomo è un albero che ha un ritornello che punta sulla vocalità ed è un pezzo un po’ cupo, difficile, con dei cori e un’attenzione per le trombe dell’orchestra di Sanremo che qui di prendono una bella rivincita. Quando scrivevo cercavo di mettermi al loro posto. Bagnati dal Sole è l’altro pezzo. Con echi di elettronica ma un’atmosfera melodica. È il pezzo con cui in un primo tempo sono entrata nella rosa dei big per partecipare. È così diverso da quello che ho fatto che mi sono stupita. Subito presa.»
Secondo te c’è bisogno in Italia di sentire cose “diverse”?
«C’è bisogno di fare capire che è necessario aprire la mente e cercare di allargare il proprio universo. Spero che molti miei colleghi sentano quello che ho fatto e mi seguano. Ho scritto e arrangiato tutto seguita dal produttore esecutivo Charlie Rapino ma sono stata io a chiedere di incontrare artisti per me pazzeschi. Poi ho avuto anche delle coincidenze fantastiche che solo con l’osare ti possono capire. Come ritrovarmi nello stesso studio e sullo stesso divano dove AmyWinehouse ha scritto le sue canzoni più belle. Sono stata fortunata, ma me la sono anche cercata.»
Hai anche fatto uno show a Londra, come ti sei sentita?
«Stranamente ho dovuto parlare in inglese perché in platea c’erano molti italiani ma anche altri ragazzi di diverse nazionalità. L’ho fatto al Roof Garden, il locale di Madonna ed era sold out. Ero felicissima. Gli inglesi ti ascoltano, ti accolgono e ti giudicano. C’è molta attenzione e sono stata anche molto incoraggiata. Ora sto collaborando con Elizabeth Foster, che ha scritto per Lana Del Rey che mi dice che ho un accento molto particolare quando parlo in inglese e crede in me.»
Ritornerai anche a fare The Voice. Ti piace ancora il meccanismo di questa tv?
«Credo che la prima edizione sia stata di rodaggio ed è un peccato che la discografia non abbia sostenuto in pieno le potenzialità di chi è uscito da quel programma. Ma anche lì si tratta di un punto di partenza, è una gavetta, non è un punto di arrivo. Uno su mille ce la fa e infatti Veronica De Simone che è stata protagonista della prima edizione ora è nei giovani di Sanremo. Io non ce la faccio a maltrattare i concorrenti perché so cosa significa esibirsi davanti a tanti sconosciuti. Non mi piace infierire e continuerò a essere rispettosa. Se ho qualcosa di pesante da dire glielo dico in un orecchio giù dal palco.»
C’è qualcosa che vorresti accadesse quest’anno?
«Sì, un duetto con J Ax su una canzone di questo disco. Non gliel’ho ancora chiesto.»