Si chiama Le Cose Belle, il pezzo che vede in gara tra la sezione Giovani di Sanremo 2014 il 32enne Filippo Graziani. Una canzone che richiama la new wave inglese anni 80, un po’ Cure e un po’ Ultravox con una bella attitudine di denuncia giovanile tipica del cantautorato nuovo italiano.
Abbiamo incontrato Filippo Graziani per farci spiegare da dove arriva. E soprattutto dove vuole arrivare.
Filippo, dopo tanta gavetta è arrivato il momento di salire sul palco di Sanremo. Come ti senti?
«Ho fatto i miei primi 40 minuti di prova all’Ariston con l’orchestra e mi sono emozionato. Volevo proprio che questa canzone, nonostante gli echi di pop inglese, fosse adattata bene alla resa orchestrale e sono molto contenta. L’ho scritta pensando a tutte le cose belle che sono state promesse alla mia generazione e che non sono mai arrivate. Ma è intesa come un dialogo tra amici che pensano al futuro che si vogliono creare.»
Tu come lo vedi il tuo futuro?
«Sanremo deve essere per forza una partenza per me, mi sforzo di interpretarlo così, altrimenti sarei già nei big. Sono consapevole che la situazione per le carriere musicali è molto diversa rispetto a 20 anni fa, quando si poteva investire su un artista e farlo durare. Ora o fai i talent show o ti butti nella gavetta alla vecchia maniera. Ed è quello che ho fatto, suonando in giro e cercando di farmi ascoltare. Per questo non ho in mente carriere da emulare, perchè è già difficile imporsi. Ma sono sereno.»
Tuo padre Ivan Graziani è stato una delle figure più amate del panorama italiano. Sappiamo che non hai avuto remore in passato a cimentarti con il suo repertorio. Com’è andata?
«Ci sono sempre state persone che mi chiedevano di fare qualcosa, precisamente qualcosa in più per tributare la giusta memoria a mio padre e mi sono convinto e nel 2011 ho inciso un album Filippo Canta Ivan Graziani Live che è arrivato al premio Tenco. Credo che il problema sia più degli altri che mio. Io mi accosto a quel repertorio con grande rispetto e scopro cose nuove e importanti ogni volta che lo rileggo.»
Hai detto di aver sempre suonato live. Ricordi belli?
«Quando a 25 anni me ne sono andato a New York con una chitarra e basta. Avevo una ragazza lì ma sono rimasto stregato. Pensavo: sto camminando nelle stesse strade di Lou Reed. Tutto aveva un senso diverso. E poi pian piano mi sono fatto conoscere e ho iniziato a suonare nei locali. Sono arrivato allo storico Arlene’s Grocery, facendo un repertorio tutto mio, perchè all’estero se fai cover non suoni.»
Il contrario dell’Italia!
«Certo. Perciò mi piace New York e ci voglio tornare. Ovviamente la parentesi è bella quando dura un periodo limitato. Ma è stata molto formativa, se non ci fosse stato quel problemino della carta verde, magari avrei potuto pensare di restarci.»
Però, in Italia hai tentato già qualcosa.
«Sì ricordo che avevo partecipato a Destinazione Sanremo con Claudio Cecchetto e Pippo Baudo. E con me c’era Simone Cristicchi quella edizione, fummo eliminati tutti e due nella prima puntata. Queste cose non fanno per me, non sono abbastanza competitivo. La competizione in musica per me non esiste. Se non ti calza il reality o lo show televisivo è meglio starne alla larga. È anche una questione di numeri. Oggi i trionfatori dei reality iniziano a essere tanti. E non c’è spazio per tutti, se non per gente come Marco Mengoni che è cresciuto tanto dopo la vittoria. A volte mi chiedo chi sia al servizio di chi: la musica o la tv?»
Nel video de Le Cose Belle però ti si vede in una veste molto competitiva.
«Sì perchè sono un pugile amatoriale e mi piaceva l’idea di fare un video con piccolo budget in una situazione vera. È la palestra di Rimini di cui sono socio, Pro Fighting e quello che si vede che mi allena è davvero il mio coach, Giuseppe De Martino. Per scaricare la tensione nella mia valigia non deve mai mancare la corda per saltare.»
Il tuo album Le Cose Belle esce il 20 febbraio. Come sarà?
«È come una roccia dalle tante sfaccettature. C’è un’influenza anni 80 in molti pezzi, con un sapore folk in altri. Sono io che mi scrivo tutto con la co-produzione di Marco Battistini del Deposito Zero di Forlì. Avrà dieci canzoni e sarà molto eterogeneo.»
Hai buoni rapporti con i tuoi colleghi?
«Della mia sezione a Sanremo ho ascoltato le cose di persone che sento vicine a me, come De Niro o Dio Dato. Nell’ambiente ho avuto la fortuna di conoscere Le Vibrazioni anni fa, quando mi ero trasferito a Milano. Sono stati loro a portarmi in giro per la città e mi hanno introdotto in molti posti, gliene sono grato. E sono davvero contento di ritrovare il mio amico Francesco Sarcina quest’anno come solista in gare tra i Big.»