Ho avuto l’onore di conoscere il pianoforte di Bruno Bavota esattamente quattro anni fa, quando mi ritrovai a precipitare dolcemente nel suo “Pozzo d’amor”. Da quel giorno è stato amore a “primo ascolto”. Quando il pianista napoletano mi ha così chiesto se volessi andare a trovarlo nella sua “Casa sulla luna” non me lo sono fatta ripetere due volte.
Grazie a lui ho riscoperto la bellezza della natura e, soprattutto, l’infinita potenza dei sogni che, come dice e vive quotidianamente lo stesso artista: «esistono solo per essere realizzati».
Oggi, a due mesi dall’uscita del suo prossimo lavoro, prevista per il 21 aprile 2014, ho rincontrato Bavota e soprattutto i suoi 88 tasti che mi hanno dolcemente sussurrato “Il segreto del mare”.
Mare come origine della vita, mare come dimensione più intima dell’esistenza, mare in cui ci si può viaggiare a bordo di una nave o, ancora meglio, in cui possiamo immergerci nuotando tra le onde.
Il viaggio di e con Bruno però, non parte dalla traccia “Me and You”, anche se la ritengo una delle più intime e intense dell’intero album.
Tutto inizia dalla sua bicicletta e dal suo registratore. In “The boy and the whale” il mare che accompagna la dolce melodia è quello che bagna Napoli. Nessun effetto da studio: le onde hanno una voce che Bavota ha voluto registrare dagli scogli.
Al pianista, questa volta non sono bastati i tasti bianchi e neri: ha aggiunto chitarra elettrica, acustica, delay e riverbero. E ha deciso di affontare da solo questo meraviglioso ma arduo lavoro di composizione.
Ecco che allora ascoltare il terzo lavoro di Bruno riconduce alla creazione e alla nascita: “The Man Who Chosed The Sea” e anche “If Only My Heart Were Wild Like The Sea” riconducono al mare inteso come grande grembo materno da cui tutti proveniamo.
Ancora però, le onde hanno bisogno di luci e questo il pianista lo sa bene: “Chasing Stars”, “Northern Lights” e “Constellations” illuminano la nostra rinascita, guidando i nostri occhi fino aprirsi alla vera visione del mare. Un magico istante che non permette più di vedere, pensare e vivere come prima.
Anche “Les Nuits Blanches” regala stelle al nostro cielo. Personalmente, dato il chiaro riferimento a Dostoevskij, non ho potuto fare a meno di portare al cuore una citazione tratta dal libro.
Un frase che Bruno credo non solo conosca, ma viva costantemente in ogni suo attimo di beatitudine: “Io sono un sognatore: ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni.”
Con “Plasson” riscopriamo un po’ della velata malinconia presente nei precedenti lavori del pianista, ma che non è paragonabile a nulla di ciò che viene prima. Qui le note ci parlano di come si “dipinge il mare con il mare” e di come “il mare che finisce lì dove comincia”. Impossibili confronti.
Per finire, dopo tante onde che “sono sempre le stesse e pur sempre diverse”, salutiamo questo piccolo gioiello con “Hidden Lights Through Smoky Clouds”. Non solo mare, ma anche sole, brezza e onde che sembrano avere lo stesso movimento del cuore.
Bruno Bavota ha davvero superato se stesso: è tornato al mare per rinascere con una nuova vita. E, inseguendo i suoi sogni come un capitano testardo e voglioso di scoprire nuove terre, ha permesso e continuerà a permettere a tutti noi di rigeneraci insieme a lui.