Impegno costante e cinematicrock, questi gli elementi che porteranno al successo il primo omonimo album della band pugliese StereoScrash Mode, nato anche con la collaborazione di Enrico Cacace, compositore di numerose colonne sonore a Hollywood, e in alcuni brani c’è la presenza della chitarra dell’americano Brent Woods.
StereoScrash Mode è un album edito da Loud Sparks e mixato presso i Rusk Studios di Los Angeles, da Masaki Saito e masterizzato allo Stone Bridge di Memphis.
Gli StereoScrash Mode che propone brani incisivi e internazionali, con espedienti d’effetto cinematografico è composta da Francesco Pasculli (chitarra e voce), Marco Cotugno (chitarra), Janluca Fallacara (batteria) e Francesco Ruggiero (chitarra), con il quale abbiamo scambiato quattro chiacchiere.
Come siete arrivati alla collaborazione con Enrico Cacace? Come vi siete trovati a lavorare con lui?
«La collaborazione con Enrico è nata per caso… Uno di quegli eventi che sicuramente non ti aspetti. Lui era in Italia in vacanza e una sera, degli amici in comune, lo invitarono ad un nostro concerto. Dopo il concerto continuammo a suonare di tutto e di più con lui, il quale ci chiese se avevamo dei brani in cantiere e che gli avrebbe fatto piacere ascoltarli. Dopo qualche settimana iniziò la collaborazione tra noi ed Enrico. Credo che prima ancora del feeling musicale che si è creato, abbia giocato un ruolo fondamentale la sintonia umana e personale che sin dall’inizio ci ha praticamente uniti. Tra noi ed Enrico c’è ormai un profondo rapporto di amicizia e stima che prescinde dall’ambito lavorativo.»
La vostra unicità è nel mischiare musica rock a sonorità da colonna sonore, da chi è nata l’idea del Cinematicrock?
«L’idea del CINEMATICROCK non è un’idea poiché non nasce come tale. Il nostro (e consentimi di passare l’aggettivo NOSTRO visto che ne siamo gli ideatori) Cinematic rock è il risultato di tutte le esperienze musicali, professionali e personali che ognuno di noi ha apportato in questo disco. Ci siamo divertiti molto perché abbiamo avuto la possibilità ed il piacere di ispirarci ai generi più disparati, sperimentare e soprattutto essere musicalmente liberi da qualunque schema. Questo non è affatto un dettaglio, anzi, è una fortuna che pochissimi hanno. Alla fine è venuta fuori una concezione musicale molto americana che si è praticamente sposata con il genio e l’estro di Enrico. Il risultato è il CINEMATICROCK. Ci teniamo a precisare che nulla di questo disco è nato a tavolino. Tutto ciò che è stato registrato è nato imbracciando una chitarra o con le bacchette in mano, lavorando sempre fianco a fianco.»
Cercare più in là è quella che più sposa appieno questa musicalità…
«Cercare più in là rispecchia molto il senso e, soprattutto lo spirito del CINEMATICROCK. Questo disco contiene delle vere e proprie scommesse, che rappresentano nuove chiavi di lettura della musica italiana. Bisogna avere il coraggio di tentare e sperimentare, avere critiche e complimenti, ma la soddisfazione più grande resterà sempre l’aver portato avanti a testa alta il proprio progetto. Cercare più in là è un brano toccante, ispirato ad un momento molto particolare di una persona a noi cara, a cui abbiamo dedicato l’augurio e, allo stesso tempo l’incoraggiamento a cercare altrove la propria felicità oscurata da un triste e buio momento della propria vita. Possiamo dire che questa persona più in là ha davvero trovato qualcosa ed oggi è felice di ciò che lo circonda.»
Qual è il messaggio guida di questo vostro primo album?
«Parlare di messaggio guida forse sarebbe un po’ riduttivo per questo disco, che tratta varie tematiche: dal rapporto di coppia con la classica donna che ti gira e rigira, all’esaltazione del decadimento della nostra società di “Sono nato in Italia”, dalla storia d’amore di Adesso Ormai, all’amara presa di coscienza di “Alessia”, ormai donna, che si ritrova con un pugno di mosche in mano. Ci si può trovare davvero di tutto, anche l’augurio ad inseguire i propri sogni contro tutto e tutti. Il messaggio che accomuna tutti questi brani, se di messaggio si può parlare, è rappresentato dalla costanza con cui negli anni abbiamo portato avanti questo progetto inedito, dalla scrittura alla realizzazione dei primi arrangiamenti fino ad arrivare alla registrazione. È un disco che senza le emozioni e senza una particolare sensibilità di ognuno di noi nel recepirle, non sarebbe sicuramente nato. Nasce dal nostro cuore, dalle nostre viscere, dai nostri sorrisi, dai nostri occhi, dalle nostre orecchie, dalle nostre mani. Bisogna crederci con tutto se stessi e sopratutto bisogna avere e trovare il coraggio di rischiare, di innovare e anche capovolgere, idee, schemi, e strutture esistenti nell’ambito musicale. Potrei dilungarmi ancora perché di sensazioni da mettere fuori ne abbiamo. Siamo un fiume in piena, soprattutto ora.»
Fra quanti brani avete scelto queste otto tracce da inserire nel vostro primo album? Avete seguito un criterio?
«Sulla scelta dei brani ha giocato un ruolo fondamentale Enrico, al quale abbiamo sottoposto circa una ventina di brani tutti molto validi per noi. La selezione l’ha curata lui, ovviamente, ascoltando anche le nostre impressioni.»
Del vostro primo singolo Adesso Ormai, ci sarà anche un video?
«Il 9 marzo inizieranno le riprese del videoclip di Adesso ormai, il nostro singolo attualmente in rotazione. La regia è stata affidata al regista Enzo Piglionica, la cui firma è legata a videoclip di altri artisti importanti dello scenario musicale italiano.»
Se mai è una struggente ballad, con delle sonorità cullanti…
«Se mai ha una storia tutta sua, fino all’ultimo momento siamo stati indecisi se giocarcela per Sanremo. È una ballata completa, in grado di emozionarti dall’inizio alla fine ed è in grado di strapparti una lacrima nel momento più intenso del brano, cioè l’ingresso preponderante della parte orchestrale nell’arrangiamento. Alla fine abbiamo deciso di pubblicarlo, scommettendo ancora su di noi, e su di una prossima composizione che superi l’atmosfera di Se mai. Le sonorità accompagnano l’ascoltatore per gradi, suscitando emozioni e sensazioni, che pian piano aumentano sino ad esplodere. È un pezzo magico, una vera e propria climax ascendente musicale.»
Chi è Alessia? Una ragazza che avete conosciuto o un’ipotetica ragazza a cui avete dedicato questa canzone?
«Alessia è una persona reale, a differenza del nome che è stato scelto per la sua musicalità. È una donna che si ritrova senza uomo, senza marito, pagando lo scotto di una giovinezza vissuta alla grande. È un rimpianto, la classica lacrima di coccodrillo, ed è allo stesso tempo un monito per le nuove generazioni sempre più senza regole personali e di vita.»
L’album si chiude con la canzone Sono nato in Italia, rimorsi per un passato e un’accusa per un presente non migliore?
«Sono nato in Italia è un po’ un sunto di un malcostume tutto italiano, che ben si adatta a qualunque ambito. È l’esaltazione della pacca sulla spalla che ti spiana una strada, della classica frase io sono il figlio, il cugino, nipote di … che spesso vale più di un c.v. ineccepibile. Sicuramente c’è tanto rammarico facendo noi parte di quella generazione che maggiormente sta pagando e pagherà questo momento storico, senza entrare in una disamina politica, allo stesso tempo è l’augurio di un mondo migliore per i nostri figli e per chi ci sarà dopo di noi.»
A questo disco seguirà un tour?
«In estate si prospetta un tour molto importante e soprattutto impegnativo, in cui suoneremo integralmente il disco intervallandolo con altri nostri brani precedentemente pubblicati, nonché con qualche evergreen rock che non guasta mai.»
Quanto nei vostri brani è importante la tecnica e quanto l’istinto, il feeling, il groove?
«Diciamo che in questo disco ha giocato molto l’intesa decennale che c’è tra di noi, nonché il groove che, in questi dieci anni, abbiamo affinato e che costituisce il cuore pulsante della nostra musica e la tecnica di ognuno di noi ha ricamato e abbellito un lavoro davvero riuscitissimo per noi. Ovviamente tutto ciò avviene se si è in sintonia anche fuori dallo studio di registrazione o giù dal palco.»
Cosa pensate dei talent show?
«I talent show costituiscono ormai la realtà, la prassi, e forse il canale più celere per avere contatti con le case discografiche. Prima il discografico ti cercava nei club della città dove si faceva musica, poi hanno iniziato a valutare musicassette e cd, fino ad arrivare ad ignorare quasi del tutto i supporti e a cercare tra talent e web le nuove proposte. Chi critica i talent è come se non accettasse lo sviluppo e l’evoluzione, può piacere come non può piacere, ma di sicuro bisogna avere rispetto dei talent e soprattutto di coloro che hanno il coraggio di mettersi in gioco mettendoci la faccia dinanzi a milioni di spettatori.»
La canzone che più ami di questo tuo primo album?
«Se mai, Alessia, Adesso ormai, Quello che c’è…»
Hobby?
«All’unanimità la musica.»
Musica che ascolti?
«Bon Jovi, Clash, AC/DC, Iron Maiden…»
Ultimo libro letto?
«Niente di vero tranne gli occhi, Il passato è una terra straniera, L’ipnotista, Io sono dio.»