È un bilico tra l’Italia e il Messico la carriera di Francesco Renga, il cantautore bresciano che esce con il disco classico da “o la va o la spacca”. Tempo Reale infatti dall’11 marzo è disponibile in Italia, ma contemporaneamente in Messico c’è un gran lavoro che la sua nuova etichetta (Sony Music) sta facendo per lanciarlo. Renga ha aperto il 28 febbraio il concerto di Laura Pausini nella capitale, Mexico City, ed è stato pubblicata una raccolta in spagnolo dei suoi brani più famosi, tra cui Angelo (“Angeles”). Ma chi ha messo anche cover di Mia Martini, e altri rifacimenti dei suoi successi italiani . Ora si aspettano notizie su come si evolve il lancio.
Come è stato andare in Messico?
«È il mercato più importante del Latino America e ci pensavamo da un po’. Sono molto contento perché le altre etichette Sony dei paesi latini stanno aspettando di vedere che interesse c’è per pubblicare il disco. Spero di farci almeno tre date live quest’estate perché è il live la dimensione che preferisco, quella in cui l’album prende vita.»
Ti sei dispiaciuto di come sono andate le cose a Sanremo?
«Forse c’è rimasta più male Elisa, che mi aveva scritto una bellissima canzone. Anche se devo dire che quando me l’ha fatta avere, con un provino dove lei cantava raffreddatissima, mi son detto: mi vuoi mettere nei guai con questo testo che parla di crisi di coppia? Poi credo ci sia rimasta male la Sony, perché sono arrivato da poco da loro e tutti puntavano su di me. Ma per me va bene così, quando abbiamo visto l’accoglienza del pubblico e gli ascolti ci siamo detti: il gioco è fatto, il disco è piaciuto.»
Hai avuto anche un esplosione di contatti su internet.
«Quella è stata un’altra sorpresa perché non credevo che quello fosse il mio pubblico. Ma mi fa molto piacere e per questo, anche se lo faccio da poco, mi sono avvicinato di più all’online. quando ero in Messico e postavo foto o commenti arrivavano risposte da ogni parte del mondo. È pazzesco, bellissimo, fa anche un po’ paura, ma è il tempo reale, davvero.»
C’è una venatura da canzone sociale in questo disco?
«Sì, perché ci ho messo 4 anni per farlo, il mio Sanremo di 2 anni fa era con un best of e ci avevo messo dentro due inediti. Quindi in totale sono 4 anni che non esco con un album e ho avuto la possibilità di guardare il mio paese da lontano. E vedere quanta rabbia, disillusione e poca speranza ci sia in questa Italia mi ha convinto a cambiare registro, anche nelle cose che canto. È una novità per me.»
In Tempo Reale ci sono dei brani firmati da altri cantautori celebri. Come mai questa svolta?
«Non l’avevo fatto per pudore, o forse perché anche se non lo sapete io sono molto timido e introverso. Non mi andava di disturbare i colleghi, anche a me quando mi chiedono di scrivere per altri, sale l’ansia. Quindi grazie al produttore Michele Canova ho fatto questo passo. La partenza era: osare su terreni che non mi appartenevano. Perciò dopo 3 anni e mezzo di scrittura, delle 70 canzoni che gli ho fatto sentire ne ha scelte 4 o 5 e poi ci siamo dedicati a sentire quello che gli altri avevano scritto per me.»
Giuliano Sangiorgi, Fortunato Zampaglione, Diego Mancino, Kekko Silvestre, Roberto Casalino ed Ermal Meta. Come li hai contattati?
«Li ho chiamati al telefono. Io sono uno molto legato all’esperienza reale, da qui anche il titolo del disco. Non voglio fare le cose da lontani, sono quello che chiama l’amico per andare al bar o al cinema. Il web non mi ha conquistato in questo senso, almeno, intendo dire che mi piace il contatto, l’espressione della voce, della faccia. Quindi mi sono deciso a chiamarli e dopo una settimana è arrivata la prima canzone. Era di Elisa, ma lungi da me a chiedere a tutti questi talenti come scrivere. Volevo che il loro mondo abbracciasse il mio. Con Kekko mi sono trovato benissimo perché anche lui è della provincia come me e il fatto che il successo gli sia arrivato relativamente tardi me lo rende più interessante.»
C’è anche un duetto con Alessandra Amoroso nel pezzo L’amore altrove. La conoscevi?
«No, sapevo chi fosse ovviamente ma non sapevo che avesse così tanto talento. Si tratta del primo duetto che metto in un disco dopo un’esperienza con i Nomadi negli anni 90, almeno che io ricordi. Secondo me è un esperimento riuscito perché le nostre voci sono fantastiche assieme, non me l’aspettavo. E poi che professionalità, ha cantato su una base che avevamo già pronta da quando avevamo inciso a Los Angeles. Pur non essendo necessariamente nella sua tonalità l’ha cantata benissimo. È stata una grande sorpresa per me. E poi il testo di quel pezzo richiedeva molta partecipazione.»
Cosa ti piace ascoltare ultimamente? Se la tua musica è cambiata, lo saranno anche i tuoi ascolti…
«Invece no, perché per l’America sono fermo ai Cult, per l’Inghilterra sono fermo ai Coldplay. La verità è che poco di quello che si sente oggi mi cattura. Mi sono esaltato per il ritorno in grande forma di David Bowie. Mi piace in Italia quello che fanno Ligabue e Tiziano Ferro. Ma non vorrei escludere nessuno, Zucchero mi piace, tutti bravi.»
Arisa?
«Sì anche Arisa (ride).»