Un’incredibile carriera quella dell’attrice Milena Vukotic, che ha raggiunto il successo grazie allo studio e alla passione per il suo lavoro. Donna minuta e di gran classe, caparbia e instancabile lavorativamente, una delle ultime attrici italiane dotata di notevole talento, in questi giorni incanta con la sua raffinata interpretazione a teatro con lo spettacolo C come Chanel, in tv con la nona stagione di Un medico in famiglia e al cinema con il film di Francesco Bruni, Noi4.
Indimenticabile interprete nei film di Luis Buñuel, diretta dai più grandi registi, come Alessandro Blasetti, Federico Fellini, Scola, Monicelli, Milena Vukotic viene ricordata dal grande pubblico come “Pina” la moglie di Fantozzi.
C come Chanel, cosa succede in questo spettacolo e cosa fa?
«È una panoramica sulla vita di Coco Chanel, impostata come se fosse un sogno, perché lei ha avuto una vita molto particolare, il tutto non ha un’impostazione realistica perché si comincia dalla fine per poi ripercorre dei momenti di vita molti diversi, che lei divide con quattro personaggi maschili, rappresentati solo da un attore che è Davide Sebasti (foto in basso a destra), che fa il maggiordomo che per lei è stato molto importante, in quanto è un po’ la memoria storica di Chanel, poi rappresenta Jean Cocteau che è stato anche lui molto importante nella sua vita, in quanto, si vociferava che dovevano sposarsi, lei poi l’ha molto aiutato, entrava e usciva dalle cliniche per disintossicarsi, come ha aiutato anche altri artisti, ad esempio Stravinskij quando si era ridotto senza un soldo. Lei era sempre contornata, nei momenti di gloria, da artisti, poeti, personaggi molto importanti di quell’epoca.»
Cosa le piace di questo spettacolo e per il quale lei ha accettato di farlo?
«Mi piace il personaggio di lei, che è molto contradditorio, pieno di sorprese, perché lei era una donna molto difficile e, ho accettato questa sfida diretta da Roberto Piana, il regista dello spettacolo, che mi ha chiesto se potevano dividere questa sfida di rappresentare un personaggio così forte e importante, perché di lei sono stati già fatti credo due film, una serie televisiva. Con Bobo Piana abbiamo anche dei lati in comuni, lui viene da un passato della danza e anch’io, per cui è stato un incontrarsi per la prima volta molto felice.»
Lei, infatti, ha un passato da ballerina classica…
«Ho studiato a Parigi, sono stata cinque anni al conservatorio, dove poi ho preso il primo premio, sono stata all’Opera a Parigi, sono stata tre anni in una compagnia internazionale, poi con Roland Petit, compagnie molto importanti che giravano il mondo.»
Perché poi lei ha fatto questo totale cambiamento, dalla danza alla recitazione?
«Mentre studiavo, a Parigi, la danza al conservatorio, ho cominciato a seguire dei corsi di teatro, in francese però, perché avevo sempre avuto voglia di fare l’attrice, in quanto vengo anche da una famiglia di artisti, però, siccome a un certo punto, ho dovuto cominciare a lavorare, la danza ha preso il sopravvento. Poi ho deciso di venire a Roma, perché tutto questo si è svolto sempre all’estero, perché volevo fare cinema, avevo in mente di tentare la mia strada, continuare questo mio desiderio di andare avanti con il teatro, che avevo un pochino cominciato a Parigi, facevo i cori negli spettacoli estivi, però tutto lì, ho fatto anche qualche piccola cosa in teatro, quando ero in conservatorio. Così ho deciso di venire a Roma, dove avevo mia madre e dove sono nata, e qui si è un po’ capovolta tutta la situazione e, dove ho potuto dare sfogo alla mia passione.»
Ha trovato delle difficoltà a fare i provini a Roma?
«Ho ricominciato daccapo, vivevo da mia madre. Ho cominciato quasi subito, ho vinto una borsa di studio alla rai, che si chiamava la Compagnia dei Nuovi, ed era una borsa di studio per la televisione, e da lì ho cominciato ad avere dei rapporti con le persone della professione, il cinema, l’agente, il teatro e così ho ricominciato tutto daccapo, con il teatro, che prima era in televisione, e a seguire in teatro, al cinema, e soprattutto, io volevo incontrare Fellini, e così è stato. Poi pian piano le cose si sono sviluppate.»
Quanta umiltà ci vuole in questo lavoro e anche “bastardaggine”…
«Ci vuole prima di tutto la passione, e il desiderio di sentire che non si vuole fare altro, poi ci vuole anche il coraggio di tentare e, soprattutto tanto, tanto, ma tanto lavoro, bisogna proprio lavorare e studiare tanto.»
Lei ha lavorato con molti film con molti registi, uno più importante dell’altro, c’è qualche film che lei rivede ancora con piacere?
«No, insomma, io sono sempre curiosa di rivedermi quando capita. Io sono venuta, si può dire in Italia perché sono stata folgorata dal mondo di Fellini, dalla sua arte, per cui io, ancora oggi, sono completamente avvolta da quello che è la sua arte, la sua grandezza e, la sua genialità che per me è stata proprio essenziale e, di conseguenza, sono andata avanti con tutto il resto, sono stata anche molto fortunata di lavorare con grandissimi registi italiani e non.»
Lei ha anche fatto delle opere prime, cosa l’ha spinto a provare con registi emergenti?
«Io amo il mio lavoro, il senso della mia vita è proprio il creare e inventare nuovi personaggi e, quando mi vengono offerti sono più che felice, perché poi ci sono tanti talenti in Italia, tanti e grandi, io di questo ne sono sempre convintissima, solo che non è facile per loro imporsi. Ultimamente ho avuto la fortuna di partecipare all’ultimo film di Mazzacurati, La sedia della felicità, che uscirà il prossimo aprile, poi nel secondo film di Francesco Bruni, poi ne L’aquilone di Claudio di Antonio Centomani, il suo primo film, con delle partecipazione che mi danno molto piacere, che sono sempre all’insegna dell’entusiasmo, della fede e della speranza, e ogni volta è così, una scommessa.»
È iniziata la nona stagione di Un Medico in famiglia, può accennarmi qualcosa a cosa succederà al suo personaggio?
«Quest’anno siamo un po’ responsabili, Lino Banfi e io, di questi nipoti che sono cresciuti, a cui si aggiungono altri personaggi. Arriva un nipote grande di nonno Libero, che viene dall’America, e diventa un po’ lui il medico, visto che non c’è più Giulio Scarpati. E così s’intrecciano molte storie di famiglia, e di amori soprattutto, continuano così delle avventure quotidiane di cui noi siamo il fulcro.»
Ha mai pensato di scrivere qualche sceneggiatura o di curare la regia di un film?
«No, sto scrivendo una cosa che, non ha niente a che vedere con il cinema e tutto questo, sto scrivendo la storia della mia nonna, non è nemmeno un romanzo, non so che cos’è, è una cosa mia privata e non vale neanche la pena di parlarne e non so nemmeno se uscirà.»
Lei coltiva anche qualche hobby al di fuori del lavoro?
«No, quando sono libera, momenti molto rari, cerco di vedere delle mostre, di esser un po’ al corrente di quello che succede e, quando posso vado ai concerti, io vengo da una famiglia di musicisti, per cui la musica è molto importante nella mia vita.»
Togliamoci questo dente, parliamo della moglie di Fantozzi, Pina, è fastidioso per lei essere ricordata solo per questo personaggio?
«Ma no, alla fine devo moltissimo a questo personaggio, a parte il fatto che ho un’immensa ammirazione per Paolo Villaggio, e per la maschera che lui ha inventato. Anche la maschera di Pina è un personaggio che, alla fine, sono anch’io affezionata, adesso non lo facciamo da tanto tempo, non se ne faranno più. È stata una serie che mi ha sicuramente restituito tanto e, che la gente mi riconosca soprattutto per quello, può anche alla fine dispiacermi, ma fino a un certo punto, perché si passa da una maschera all’altra, adesso mi riconoscono per nonna Enrica, ma ci sono anche persone, invece, che si ricordano dei film di Buñuel, o solo di quelli e così via, perché ho fatto tanto cinema con tanti registi, con Bertolucci, Blasetti, Lattuada, Risi, Scola.».
Lei è sempre stata attiva, impegnata non ha mai pensato di lasciare?
«E perché dovrei? Dal momento che quello che faccio mi dà gioia…»