Come fa Filippo Timi, attore 40enne con popolarità da rockstar e adulazione da sex symbol, a risultare vero, umile smascheratore del pregiudizio in un monologo sulla diversità, resta un mistero che evidentemente appartiene alla magia del teatro. Il performer si immedesima, si denuda e si batte per dar voce al protagonista di Skianto!, il suo nuovo spettacolo che mira direttamente al cuore, costruito sull’infanzia di un bambino diversamente abile che non corrisponde, certo, alla creatura che i genitori avevano immaginato al momento del concepimento.
Timi ha infatti scritto di un bambino con la “scatola cranica sigillata”, chiuso con i pattini in piedi nel suo spazio rappresentato scenicamente da una palestra di una scuola elementare.
Certo, nell’ora e mezza in cui Timi è mattatore meno sfrenato che in passato, ma più drammaticamente solo e fragile sul palco, le pillole pop non mancano. La scena è tutta ambientata negli anni 80 (da qui il titolo “con la K e con l’esclamativo che fa molto anni 80” dice lui), con un richiamo all’immaginario trash che da sempre popola la sua creatività.
Qui si vedono Candy Candy, un giovanissimo Miguel Bosè in Superman e i pattinatori che riempivano i palinsesti Rai dei pomeriggi di 30 anni fa.
Timi è spropositatamente bravo nel rappresentare il disagio, sbalorditivo nel mettere a soqquadro lo spettatore esaltando le idiozie dei ben pensanti nei confronti dei diversi e diversamente abili. Gode quasi a sbattere in faccia al pubblico un urlato e liberatorio “Handicappato”. Ironico, ché è l’unica strada a disposizione a chi vuol normalizzare la diversità, e un tantino disturbante nell’indugiare sull’enfasi sessuale del racconto. Che non deve mancare, anzi. Ma che sicuramente non è all’altezza della delicatezza con cui è costruito il resto dello spettacolo.
Sugli schermi passa di tutto, ma è tutto pertinente: esilarante lo spezzone preso da youtube sui gatti “sfigati” che saltano quando non possono, da incorniciare l’impacciato e perfido panda della pubblicità dei formaggi. Da pianto il finale acustico del bravissimo Andrea Di Donna alla chitarra, strepitoso in una versione rinata e cantautorale del teen hit “Baby One More Time”. Cercatelo, il fil rouge c’è.
Prodotto dal Teatro Franco Parenti e Teatro Stabile dell’Umbria, il lavoro non ha la verve sovversiva dei precedenti (anche se la scheda stampa lo definisce “ideale prosecuzione del precedente Don Giovanni”) ma riesce nel suo intento di denuncia (dei sentimenti) e della scossa della coscienza. Si esce dal teatro…diversi.
Cerca
-
Articoli recenti
Find us on Facebook
-