L’artista israeliano Sagi Rei è ormai un italiano a tutti gli effetti. Vive a Bergamo, è nel nostro paese da 25 anni e proprio da noi ha avuto il suo primo successo commerciale con Emotional Songs nel 2005. La sua caratteristica, che ha dato via a un filone, è sempre stata di riprendere canzoni pop, molto dance, riarrangiarle e riscriverle in chiave acustica. Oggi esce con Diamonds Jade & Pearls, un disco di bellissime canzoni degli anni 80, ricontestualizzate per un pubblico adulto e attento. Esperimento riuscito, tanto che abbiamo incontrato Sagi Rei per farci spiegare come ha fatto.
Sei cresciuto in Israele, un paese lontano dai circuiti anglo-americani, almeno in apparenza. Ricordi i momenti quando ascoltavi i pezzi di cui fai le cover oggi?
«In verità in Israele arrivava, e continua ad arrivare, musica da tutto il mondo, è sempre stato un posto molto europeo. A volte le cose arrivavano anche prima, si parla inglese ovunque. Ho ripescato brani dei Propaganda, Kool and The Gang, perché mi ricordavo dell’entusiasmo che suscitavano quando erano in radio e alle feste. Sono tutti artisti che amo ancora oggi.»
Hai iniziato con la dance anni 90, ora sei andato più indietro. Ti senti un artista che “nobilita” un genere pop che all’epoca era etichettato come commerciale?
«Non sono io a dover dare dignità a queste canzoni perché la loro grandezza è palese. Checchè ne dicano i critici sono grandi canzoni, con grandi melodie, sia quelle degli anni 80 che 90. Sono contento di essermi potuto cimentare con un repertorio così vasto che oggi è evergreen.»
Ti hanno mai contattato gli artisti delle versioni originali?
«Certo, è capitato quando ho rifatto Lisa Stansfield e Billy Ray Martin. Ho incontrato anche alcuni di quei protagonisti, specie della dance italiana. Come P Lion, che è un italiano che da quel pezzo We Are The Children si è fatto conoscere in tutto il mondo. Vivendo in Italia ho avuto modo anche di conoscerlo.»
Tra gli artisti italiani chi preferisci, o con chi ti piacerebbe duettare?
«Mario Biondi ha voluto fare un pezzo assieme a me ed è stato un piacere. Tra le cantanti mi piace molto Elisa, è una delle poche che ha uno spirito internazionale e mi sorprende che non abbia ancora sfondato all’estero.»
Dove hanno maggiore presa i tuoi dischi?
«In Italia,Spagna e Sud America ho sempre un buon riscontro, ho un feeling con i paesi latini, forse perché sono più abituati a sentire chitarre acustiche nelle canzoni. Ma hjo anche un buon pubblico in Germania. Le sensazioni che suscito credo siano uguali dappertutto: la gente è trasportata in un clima di nostalgia, sente con passione quello che propongo.»
Negli altri dischi hai messo più pezzi inediti. In Diamonds Jade & Pearls c’è n’è solo uno. Ne farai altri?
«Sicuramente perché credo che sia arrivato il momento giusto. Ho fatto due capitoli di Emotional Songs e un tributo a Michael Jackson. Quindi questo è il quarto disco di cover che esce a mio nome e credo di essere pronto per capovolgere la situazione: un disco di inediti con qualche cover sarà il prossimo passo.»
Con chi scrivi la tua musica?
«A volte da solo, a volte mi faccio aiutare da altri collaboratori. In questo album ho lavorato per la prima volta con un’orchestra intera. Sono italiani, si chiamano EdoDEa Ensamble e hanno fatto degli arrangiamenti per artisti famosissimi che hanno cantato all’Arena di Verona.»
Hai utilizzato anche mandolini e ukulele nel disco. Come mai?
«Mi piaceva l’idea di rendere etnico, utilizzando strumenti della tradizione, dei brani molto pop, elettronici del passato. È un bel connubio.»
C’è qualcosa degli anni 80 che non hai toccato che vorresti rifare?
«C’è sempre qualcosa che devo lasciar fuori per vari motivi. Dei Duran Duran mi piacerebbe rifare Wild Boys, anche Ordinary World verrebbe bene. Quando ho fatto il tributo a Michael Jackson avrei voluto ripescare anche Earth Song che per me è una pietra miliare.»
Credi che il suo repertorio abbia avuto una riscoperta dopo la morte?
«Beh, non è stato come per Battisti che appena morto è stato rivalutato. Lui era già famoso e apprezzato in vita, quindi non penso che abbia bisogno di ulteriore valorizzazione.»
La costruzione del nuovo disco è più complessa rispetto al minimalismo dei primi album. Come lo rendi dal vivo?
«Ho un percussionista, due chitarristi, le tastiere, anche se niente è campionato e non uso sequenze sul palco. C’è Duel dei Propaganda che è molto faticoso e complicata ma è bellissima da proporre.»