In continua crescita è sicuramente il fenomeno delle web series, ovvero delle serie o fiction di diverse puntate realizzate per essere lanciate e fruite attraverso il web.
“The Ushers – A Dark Tale of a Bright Night“, è la nuova web series scritta da Chiara De Caroli, diretta da Andrea Galatà e prodotta da Mab Creative Crew. Chiara de Caroli, attrice e sceneggiatrice della serie, ci racconta in questa intervista alcuni particolari sulla web series The Ushers, un fantasy-thriller firato in diversi Paesi (Inghilterra, Giappone, Olanda, Germania, Italia, Spagna USA e Zambia). The Ushers è un progetto internazionale che si è avvalso del coordinamento di diverse crew in diverse parti del mondo, ed è nato dallo studio e dalla penna di Chiara De Caroli, che nella web series la vediamo anche in veste di attrice. La giovane attrice e sceneggiatrice interpreta Maria: «una giovane donna, rimasta incinta di un ‘essere perfetto’, che porta in sé un tragico destino. Essendo uno sci-fi, ovviamente, tutto vira verso il thriller e ci allontaniamo dal misticismo biblico.» Questo ed altro ancora ha raccontato in questa interessante intervista Chiara De Caroli.
Numerosi sono i riconoscimenti ricevuti per The Usher. Dopo aver ritirato il premio come Miglior Sceneggiatura al Los Angeles Web Fest, il 26 aprile The Ushers parteciperà ad un altro festival, sempre internazionale, ma stavolta in Italia, il Rome Web Awards, in cui la serie concorre con sei nomination…vi aspettavate questi risultati?
«In tutta onestà, non credo di poter dire né “me lo aspettavo” nè il suo contrario. Perché il punto,secondo me, è quale scopo persegui mentre lavori: noi volevamo portare a termine un progetto che, per tanti motivi, sembrava impossibile da realizzare, e volevamo farlo al meglio delle nostre possibilità, e anche qual cosina di più, era quella la cosa importante. Quando dopo, e solo dopo, arrivano i riconoscimenti, i Festival, con gli inviti e le premiazioni, ti rendi conto che si è aggiunto un altro tassello, che il tuo lavoro è uscito fuori che è il momento di festeggiare, ma senza il primo passaggio fondamentale che mette al centro dell’attenzione il lavoro e l’onestà intellettuale verso esso, è solo vanità, e te la godi anche meno. Il primo riconoscimento, a cui sono particolarmente affezionata, è stato il Festival IMMaginario di Perugia, che ci ha premiati come Miglior Webseries e come Miglior architettura interattiva e comunicazione social, dandoci non solo un’enorme soddisfazione, ma facendoci sentire che il nostro lavoro era stato in qualche modo compreso ad un livello più profondo, con il secondo premio. E questa è una cosa importante per un artista, vedere che sei riuscito a comunicare contenuto, forma e scopo del tuo progetto. Se riesci in questo, tutti i Festival diventano un’occasione di gioia condivisa, ciascuno con le sue peculiarità: Los Angeles ci ha dato una bella occasione di visibilità sul piano internazionale, cosa che ci fa piacere perché la nostra è una serie internazionale, ad inizio aprile siamo stati a Gorizia, al FilmForum, a raccontare ad una platea di giovani e studenti di cinema, ma no solo, la nostra case history ed è stato bellissimo vedere come mettere in circolo esperienze e competenze accenda gli animi e contribuisca al processo creativo collettivo. Il Rome Web Awards infine, sarà una grande, bellissima festa, e non vedo l’ora che arrivi il 26! »
Nella web serie si parla di esoterismo e delle sue tradizioni in diversi paesi tra cui il Giappone, la Germania, l’Italia, quanto è durata la ricerca, lo studio, prima di scrivere la sceneggiatura?
«Abbiamo preso un genere poco italiano per tradizione, come lo sci-fi, e lo abbiamo reinterpretato secondo i simboli e il retroterra “magico” per così dire, che più ci appartiene, andando a scavare indietro nel tempo alla ricerca di archetipi tanto antichi da poter fare da linguaggio comune a diverse culture anche molto distanti fra loro. E abbiamo fatto una scoperta che ci ha spiazzati: il simbolo che fa da fil rouge a tutta la storia rappresenta la pietra filosofale e, quando lo abbiamo scelto, ci siamo rifatti alla Porta Alchemica di Piazza Vittorio, qui a Roma: tuttavia, quando abbiamo preso contatti con la troupe in Giappone, abbiamo scoperto che quello stesso simbolo è un ideogramma che ha un significato molto vicino al nostro. Questo continuo rimpallo di input è stato un’ispirazione costante per approfondire alcuni aspetti o esplorarne altri anche in corso d’opera.
Cosa piace di “The Ushers – A Dark Tale of a Bright Night”?
«A me piace il messaggio che fa passare. Messaggio che sta non tanto della storia, ma nella sua realizzazione. The Ushers è un “atto poetico” e contemporaneamente un atto “politico” nel senso in cui l’avrebbe detto Artaud, perché è la dimostrazione di come mettere insieme le competenze e le passioni, i retroterra, le esperienze, dia luogo ad un’inarrestabile onda creativa, di come le cose funzionino quando la squadra si affida completamente al capitano e il capitano, a sua volta, si assume l’enorme responsabilità di garantire per tutti. E questo può avvenire solo quando c’è stima, rispetto, fiducia reciproca assoluti, e profonda onestà intellettuale verso il proprio lavoro. Ecco, sì, di The Ushers mi piace il fatto che dimostra che le cose si possono fare, basta trovare il metodo e affidar visi con coraggio, onestà e intelligenza.»
Per limitare i costi avete lavorato anche a distanza…quali sono state le difficoltà?
«Eccomi! Beh, ammettiamolo: è stata dura, durissima! Ma è stato utile, mi, ci ha costretti a scoprire un’enorme elasticità mentale ed emotiva rispetto al progetto e nell’accogliere le eventuali proposte che ci arrivavano da chi, ricevuta la sceneggiatura e le indicazioni tecniche e registiche di Andrea, le interpretava secondo il proprio linguaggio, com’è normale che sia. La difficoltà maggiore è stata, dal punto di vista narrativo, saper accogliere queste istanze con rispetto per il lavoro di chi avevamo coinvolto, inserendole nella narrazione e modificandola laddove necessario, pur mantenendo la struttura e la coerenza narrativa e senza buttar via ciò che era stato già girato e montato in precedenza per le altre puntate. The Ushers è infatti una storia che si sviluppa orizzontalmente, per cui non potevamo inserire i singoli episodi tout court, ma bisognava far sì che ogni volta la narrazione non perdesse il filo. Abbiamo spesso riscritto tutto da capo per inserire di volta in volta il materiale nuovo in modo che avesse senso rispetto a quello che già avevamo e rispetto alla storia complessiva. Una follia, ma “si…può….fareeeeeee!!!!”».
Vi aspettavate questa risposta?
«Ti dirò di più: è successo che ad un certo punto il problema era inventarci qualcosa per chi, pur non essendo stato contattato, saputo del progetto voleva assolutamente partecipare! È stato bellissimo. A dimostrazione che la professionalità paga e le idee, se ci lavori con passione, ad un certo punto cominciano a camminare da sole.
Tanto che, cammina cammina, il 27 aprile The Ushers inaugurerà la nuova sezione dedicata alle webseries del programma “Mainstream” di Rai4, dedicato alle serie televisive, in cui saremo fianco a fianco di “mostri sacri” come “Heroes”.»
La web series si allontana dalla logica televisiva, ma anche da quella cinematografica. Un nuovo modo per comunicare molto più libero se così possiamo definirlo…
«Evviva il web! Evviva la possibilità di sperimentare linguaggi nuovi, di mixarne altri, di uscire dai confini territoriali, linguistici, poetici! Il web ti consente non solo l’accesso diretto al mezzo di comunicazione, che è una novità fondamentale rispetto agli altri sistemi distributivi, ma ti permette di arrivare ovunque, di superare i confini linguistici, di attingere e a tua volta riversare il tuo linguaggio in un calderone che crea un immaginario collettivo composito, fluido, ricco di input di natura diversissima. È il luogo in cui sperimentare non solo un esperanto narrativo,per così dire, ma diversi, mutevoli, “esperanti”. E questo porta con sé la possibilità di raccontare la storia che vuoi, nel modo in cui la vuoi raccontare, perché il tuo pubblico di riferimento è il mondo intero, ovunque tu sia.»
Chiara De Caroli non solo autrice ma anche attrice, parliamo del tuo personaggio?
«Come per Padre Damien, anche il mio personaggio, Maria, ha un nome che ne simboleggia i tratti caratterizzanti. Maria è infatti una giovane donna, rimasta incinta di un ‘essere perfetto’, che porta in sé un tragico destino. Essendo uno sci-fi, ovviamente, tutto vira verso il thriller e ci allontaniamo dal misticismo biblico!
Più in generale, possiamo dire la stessa cosa per tutti i personaggi della storia: dare un nome alle cose è un atto di “creazione” e volevamo che ciascun nome portasse con sé un universo di riferimenti che contribuisse a creare il personaggio e desse anche allo spettatore dei riferimenti, più o meni inconsci.»
Pensate di continuare il vostro percorso artistico sulla scia del web oppure pensate ad altro?
« Il web è un luna park, un mare aperto pieno di possibilità di sperimentare e spazi di espressione, sarebbe da pazzi abbandonarlo o, peggio, “mortificarlo”! Tutto questo ovviamente senza nulla togliere alla magia del cinema o alla potenza millenaria del teatro, ma io non vedo il problema.
Abbiamo uno strumento in più, alla portata di tutti: sfruttiamolo, ma, al contempo, investiamoci, miglioriamolo, miglioriamoci e creiamo, in ciascun luogo e per ciascun mezzo nel modo che valorizzi e veicoli al meglio l’idea che abbiamo l’urgenza di esprimere.»