Mai vista tanta fila per entrare al Pan di Napoli! Certo, nei primi giorni l’entrata era gratuita ma nella struttura museale la maggior parte delle mostre è gratis e una calca così non c’è mai stata. La verità, quindi, è che Andy Warhol è semplicemente un mito, conosciuto praticamente in tutto il mondo. Richiestissimo sia da vivo che da morto perché richiama gente, soldi e articoli sulle più importanti riviste. Non passa inosservato praticamente mai.
Warhol è diventato icona alla stessa stregua dei suoi tanto celebrati miti che immortalava in ritratti seriali proprio come nelle produzioni industriali. È l’immagine di un movimento e non solo. È il padre indiscusso della Pop-Art (Popular Art). È l’anticipatore per eccellenza, colui che ha intuito e raccontato le conseguenze della cosiddetta società dei consumi in cui occorre desiderare e consumare fino allo stremo, fino all’omologazione più becera, fino alla sparizione totale. Invisibile tra gli invisibili, ecco cosa siamo diventati.
Manipolatore eccelso di tutti i simboli di consumo di massa, comprese le cosiddette star (“colpita” anche la nostra sempre mitica Loredana Berté che lo chiamò per la copertina dell’album Made in Italy) da cui elimina il corpo, il colore naturale della pelle e…l’anima. Egli stesso diventa glaciale, imperturbabile tanto da sostare, come raccontano le cronache, ad una festa immobile e silenzioso. Un genio!
Il titolo della mostra di Warhol curata da Achille Bonito Oliva è Vetrine per richiamare i lavori di vetrinista e grafico pubblicitario mai abbandonati. La rassegna raccoglie 180 opere e rivolge particolare attenzione al rapporto che legava Andy Warhol a Napoli, nato a metà degli anni 70 grazie all’amicizia con il gallerista Lucio Amelio e alla volontà di Mario Franco.
Il percorso espositivo si snoda, infatti, attraverso i ritratti dei personaggi noti della città, che l’artista ebbe modo di conoscere durante le sue visite in Italia. Ed è proprio all’amicizia con Lucio Amelio che si deve la nascita del suo più noto e monumentale headline work, Fate presto, basato sulla prima pagina del Mattino del 23 novembre 1980, il cui strillo trasformava in notizia l’evento drammatico del terremoto d’Irpinia, che per la sua distruttiva violenza impressionò l’artista. Tanto da ispiragli, qualche anno più tardi, una nuova serie di lavori dal titolo Vesuvius. «Per me l’eruzione – spiegò infatti Andy Warhol – è un’immagine sconvolgente, un avvenimento straordinario ed anche un grande pezzo di scultura… Il Vesuvio per me è molto più grande di un mito: è una cosa terribilmente reale». E’ presente anche la storica serie Marilyn del 1967 e quella firmata nel 1985 da Warhol con la scritta «questa non è mia» (Marilyn this is not by me). Assolutamente da vedere.