St’art, lo stato dell’arte, tutta un’altra musica è il primo Festival autogestito, che si terrà al Cinema Teatro Antoniano di Bologna, il prossimo 28 maggio. Un festival nato per dare modo alle nuove band di presentare i loro interessanti progetti, poiché molti locali o manifestazioni non puntano più su band emergenti per paura di andare in rosso in quella serata. A dare l’avvio a questo primo festival saranno gli alfieri new prog Silver Key, la magica chitarra folk-blues di Marcello Capra, il jazz-rock teatrale degli Altare Thotemico e l’ethno-rock del Notturno Concertante.
MyDreams ha avuto l’occasione di intervistare il promotore di questa meravigliosa idea, Gianni Venturi.
Prima che un festival St’Art è un’associazione. Come e quando è nata? E naturalmente cosa sta a indicare il nome St’Art?
«L’idea è nata da me, dopo avere organizzato vari festival, averci rimesso denaro ed essermi scontrato con l’ottusità delle istituzioni, ho parlato con Yuri Abietti, insieme abbiamo deciso di costruire qualcosa, subito ho proposto l’idea a Lucio Lazzaruolo e in ultimo a Marcello Capra! Tutti entusiasti, all’inizio dovevamo semplicemente affittare uno spazio per suonare, ma poi l’idea essendo viva ha preso il sopravvento!
St’art da un idea di Lucio, vuole significare sia punto di partenza che Lo stato dell’arte. Italianizzando una parola inglese dandole un doppio significato.»
Quando e come è nata l’idea di farne un festival, è il primo organizzato?
«Ci sembrava limitante pensare ad un unico evento dedicato semplicemente a noi. Il festival dovrà essere itinerante, varie band hanno aderito. L’idea è quella di sradicare i confini delle etichette che vengono date alla musica. La musica è semplicemente musica! Già dal primo evento si evince la differenza di stile tra le quattro situazione, ma è bello così tutto fa parte del magico mondo dell’arte! Si come St’art è il primo, ma di certo non l’ultimo.»
Chi ti affianca in questo progetto?
«Yuri Abietti è una macchina da guerra, Lucio Lazzaruolo, sempre lucido e attento, Marcello Capra l’umanità! Loro mi affiancano come io li affianco!»
La sfida più significativa affrontata nell’organizzazione di questa prima edizione?
«La fiducia che si è venuta ad instaurare, il completo distacco dal tornaconto economico, l’assoluta mancanza di protagonismo di noi, ora anche amici! Questa è una grande sfida stravinta!»
Quali sono i tuoi obiettivi per questo evento e per il futuro?
«Tanti i nostri obiettivi, visto che siamo un gruppo. L’associazione avrà un presidente rivotato ogni anno e consiglieri. L’idea è quella di continuare con il festival itinerante, di fare una raccolta di brani da racchiudere in un disco delle varie band, magari un etichetta discografica. Anche di allargare la mente, con la partecipazione d’altre forme d’arte, teatro, poesia, danza… chissà..»
Come avvengono le selezioni delle band da far suonare?
«Per quanto mi concerne, la scelta è semplice: tecnica, inventiva, anima, e storie da raccontare! Anche generi diversi, noi partiamo dal “progressive” parola che ora detesto! Jazz rock, neo prog, sperimentazione… Molti credono che la musica sia matematica, io invece la credo fisica teorica. Si dice teorica perché non esiste una fisica assoluta. Ogni teoria, persino quella della relatività innesca un meccanismo atto a formare altre teorie…Così è la musica!»
Cos’è MusicRaiser e come sta andando il fundraising?
«Il fundraising è andato bene! MusicRaiser, è una realtà italiana che ha all’attivo un bello score di progetti riusciti! Si crea un progetto, lo si propone a MusicRaiser, si spera che venga accettato, se è si, si chiede l’aiuto di amici dando in cambio ricompense di vario genere. Un modo per fare da se, con l’aiuto di chi crede nel tuo progetto. L’importante è avere un progetto accattivante.»
Al sud molti locali la prima cosa che chiedono alle band è di portare gente, un loro seguito, i gestori non rischiano, quindi si riduce a fare un favore al locale e non viceversa. Anche al Nord succede questo?
«Azzzz si, i locali chiedono a noi artisti di fare anche il loro lavoro! Non sanno cosa sia la lungimiranza. Un locale decente che fa musica, dovrebbe vivere delle proprie scelte artistiche. Ad esempio: Il mercoledì proponiamo sperimentazione! Tutti i mercoledì, così la gente comincia a sapere e a frequentare di conseguenza. Ma occorre un direttore artistico. In America è il locale che ha un pubblico perché è stato in grado di proporre cose interessanti! Si possono creare proposte per ogni situazione, ad esempio: Ok band ti prendo, ma rischiamo in due, io vi do una percentuale sull’incasso. La verità che tutti vogliono le cover. I nomi noti! Una band tributo dei Genesis anche scarsa porta più gente di una band originale ed interessante. Questa è l’Italia. I locali hanno le loro responsabilità, ma anche la gente.»
Pensate di organizzare questo tipo di festival anche in altre regioni italiane?
«Assolutamente si, soprattutto da Firenze in giù!!!»