«Fellini me lo diceva 30 anni fa: “Giancarlo, il cinema è morto”». Giancarlo Giannini, ospite alla quarta edizione del Social World Film Festival, parla della situazione del cinema di oggi, con uno sguardo verso il futuro.
Attore, doppiatore e regista, Giancarlo Giannini è un mostro sacro del cinema italiano, uno di quelli difficili anche da clonare. Nella sua prolifica e poliedrica carriera, Giannini, ha interpretato in maniera unica e irripetibile diversi personaggi, passando da ruoli comici a drammatici e spaziando con l’uso di dialetti, sia meridionali che settentrionali.
Giancarlo ha lavorato con i maggiori registi italiani: Dino Risi “Sessomatto”, Sergio Corbucci “Il bestione”, Luchino Visconti “L’innocente”, Mario Monicelli “Viaggio con Anita”, “I Picari” 1988 e Nanni Loy “Mi manda Picone”, film grazie al quale riceve il David di Donatello come miglior attore protagonista.
Da non dimenticare le tante pellicole in cui è stato diretto da Lina Wertmuller, i cui personaggi grotteschi ed ironici lo hanno fatto apprezzare a livello internazionale, regalandogli alcuni prestigiosi riconoscimenti.
Numerosi sono i celebri attori internazionale a cui Giancarlo Gianini ha prestato la voce, tra questi Al Pacino, Jack Nicholson, Michael Douglas (in Wall Street e nel suo sequel), Gérard Depardieu, Dustin Hoffman.
Se ti proponessero di reinterpretare il ruolo di Carmelo Mardocheo nel film di Mimì metallurgico ferito nell’onore diretto da Lina Wertmülle nel 1972, in chiave chiaramente attuale, cosa risponderebbe?
«Credo sia un film ancora molto attuale. Rifare un film del passato è come tornare indietro e non andare avanti. È come chiedere a Picasso di ripetere nuovamente un’opera. Non si torna mai indietro. Semplicemente, preferisco guardare avanti e lavorare ad altri progetti. Anche quando sono a teatro, pur interpretando lo stesso personaggio, sera, dopo sera, alla fine non mi ripeto mai. Ogni volta c’è qualcosa di nuovo. Quando un regista ti chiede di entrare dentro un personaggio, la ritengo una richiesta assurda. Io sono io, posso interpretarlo, ma non potrò mai diventare quel personaggio.»
Lei che nella sua vita può vantare di aver fatto un po’ tutto… c’è un personaggio che le piacerebbe interpretare?
«Vorrei fare sicuramente di meglio! Mi reputo una persona curiosa, aperta a qualsiasi proposta. Sono contrario al dover decidere o fantasticare su che tipo di personaggio interpretare. I personaggi arrivano, non bisogna cercarseli. Il bello di chi fa l’attore è la curiosità di quello che non c’è. Di poter lavorare a un qualcosa che prima di quel momento non si conosceva l’esistenza. Bisogna usare la fantasia, avere il piacere di gustare le cose, di conoscere e approfondire la loro natura.»
“Terno secco” e dopo 20 anni ci riprova con “Ti ho cercato in tutti i necrologi”, quando la rivedremo dietro la macchina da presa?
«Non c’è due senza tre, chi lo sa!?! Ti ho cercato in tutti i necrologi è stata una fatica pazzesca, adesso ho bisogno di rilassarmi un po’.»
Ha qualche idea in merito?
«Qualche settimana fa ho preso parte allo spettacolo “Sogno di una notte di mezza estate“, a metà tra musica e teatro, ideato dal pianista Giovanni Bellucci, in cui in veste di co-protagonista recito alcuni testi di William Shakespeare, uno spettacolo che continuerò a proporre in giro. Mi piace molto la musica e Bellucci è un pianista straordinario che “parla” con il pianoforte. Questo mi ha colpito e convinto a collaborare; ma, visto che la voce è uno strumento molto più limitato rispetto al pianoforte, lo spettacolo è stato una sfida per me. Proprio per questo mi è piaciuto molto. È come farsi un piatto di spaghetti! Anzi, ti dirò che tra le tante idee forse dovrei aprire un ristorante…amo la cucina…»
Lei fa parte della storia del nostro cinema. Dando uno sguardo al passato che cosa ricorda in particolar modo?
«Il cinema del passato l’ho sempre amato. I film del passato sono pieni di emozioni, sono belli. Oggi noto molto la differenza con il passato, tutto è cambiato. Il cinema è morto. Fellini me lo diceva 30 anni fa: “Giancarlo, il cinema è morto” e questo mentre stava girando grandi film. Oggi col passaggio nel digitale il cinema ha perso tantissimo, si realizzano progetti per internet. Il cinema è cambiato e cambierà ancora di più. Il digitale ancora non si è capito che cos’è. Giriamo con una macchinetta quello che un tempo si faceva con la pellicola, con meno definizione, meno qualità. Il digitale non è questo, ha delle caratteristiche infinite, che ancora dobbiamo scoprire. Ma la storia insegna, quando nasce una cosa, devono passare anni per capire bene alcune evoluzioni, alcune scoperte. Il femminismo, ad esempio, è uno dei movimenti e avvenimenti più importanti che siano mai successi, ma ci vorranno ancora 50 anni per capirlo.»
Un ricordo che ha di Mariangela Melato.
«Il suo amore era il cinema, ma in particolar modo il palcoscenico. Mariangela era una persona di grande senso civile. Nei confronti delle donne, era una che combatteva moltissimo, sapendo di essere donna. Era generosa.»