Euridice Axen incanta con la sua bellezza, stupisce con il suo talento d’attrice. Impegnata tra teatro e televisione, di recente abbiamo visto Euridice nei panni della la perfida Veronica Torre in Le tre rose di Eva, che vedremo anche nella terza stagione.
Il ruolo da perfida e crudele l’ha interpretato anche nel videoclip “Alla fine” di Renato Zero, diretto da Alessandro D’Alatri.
È tutto un fatto attoriale, lei è una donna solare e simpatica, infatti, il prossimo autunno partirà in un tour teatrale con Simone Montedoro (Carabinieri, Don Matteo) in una commedia d’equivoci molto divertente.
Abbiamo incontrato Euridice Axen durante il Social World Film Festival e ci racconta le sue giornate al festival e, soprattutto, cosa succederà nella terza serie, Le tre rose di Eva.
Ultimamente ti abbiamo visto a teatro con “Se tornassi indietro”, riprenderà la prossima stagione?
«Doveva esserci una tournèe, però invece, abbiamo deciso di fare un altro spettacolo, la regia sarà sempre di Massimo Natale e l’altro attore sarà sempre Simone Montedoro. È una commedia diversa, in questa non saremo fidanzati, molto probabilmente, e sarà molto divertente perché dovremmo camuffarci e interpretare altri ruoli, una sorta di commedia degli equivoci. Per ora la commedia non ha ancora un titolo.»
Come mai non riprendete la commedia, non è andata bene?
«In realtà è andata molto bene, ha avuto un successo molto grande e, soprattutto, il maggior numero di presenze a teatro, però piuttosto che riprendere quello, alla fine abbiamo deciso di farne un’altra.»
Ci sarà una terza stagione de “Le tre rose di Eva”?
«Cominciamo a girare fine agosto, non ho ancora letto il copione, ma ho avuto delle notizie, delle soffiate che, in realtà, non dovrei sapere queste cose, però me le hanno dette, neanche gli addetti ai lavori che sono quelli autorizzati sanno qualcosa, però posso dire che quando me le hanno dette sono rimasta scioccata.»
Dove siamo rimasti con il tuo personaggio, Veronica Torre?
«C’era una redenzione da parte sua, quindi, finiva innamorata del protagonista Roberto Farnesi, pentita, era andata contro la famiglia, invece, probabilmente, il pentimento è soltanto apparenza o c’è un’evoluzione, comunque, ecco, così buona come l’abbiamo lasciata alla fine non credo che sarà.»
Come hai iniziato? Facevi teatro amatoriale, frequentavi qualche scuola di recitazione, provini…
«Il primo grande lavoro, e sono stata miracolata, fu “Memorie dal sottosuolo” con Gabriele Lavia, insomma un ruolo da protagonista insieme a lui, inutile dire fortissimo. Ho imparato tantissimo, è stato un maestro per me. Abbiamo fatto una lunga tournèe di sette mesi e dopo un mese a Roma siamo andati in giro. Devo dire che quella è stata la mia vera scuola. Anche se prima ne ho frequentata una di dizione e recitazione, facevo dei provini, avevo fatto qualche spettacolo, ma non dell’entità di quello di Lavia.»
E come sei riuscita a ottenere la parte con Lavia?
«Ho fatto un provino tra cinquecento persone, ogni volta superavo il turno. In totale ho superato quattro provini e ogni volta mi dicevano che eravamo rimaste in poche, nel frattempo, al provino dopo, ne arrivavano altre cinquanta. Quando al quarto siamo rimaste in dieci, io non ci speravo, però pensavo, visto che sono arrivata fin qua, significa che è un mestiere che posso fare.»
Poi sei approdata alla televisione..
«Beh, ti cattura e poi anche economicamente è un’altra cosa, mi dispiace dirlo, però succede. Perché sarebbe bello fare teatro, viverlo, farei quello, però purtroppo non è tanto possibile.»
Tu hai intenzione di scrivere qualche soggetto?
«Lo sto facendo…» (sorride n.d.r.)
Sorridi perché non puoi dirmi niente?
«No, è una domanda che non sempre mi fanno.»
Allora, un accenno?
«Tra pochi giorno andrò a depositare questo cortometraggio che voglio girare a breve.»
Quindi sarai impegnata con il soggetto e anche la regia?
«Sì, ovviamente mi contornerò di persone valide, perché non ho la presunzione all’inizio. Ho le idee molto chiare, infatti, le persone con cui collaboro sono rimaste molto stupite per il fatto che ho in mente e spiego loro tutto frame per frame. Ora farò anche un corso di regia, ma non perché con quel corso uno impara a fare la regista, ma perché almeno so esprimermi con il direttore della fotografia o con l’operatore, e non mi troverei a cercarmi di farmi capire, “io avrei bisogno di una luce”…»
Ma un accenno al soggetto, alla storia?
«No, perché non l’ho detto nemmeno ai miei migliori amici.»
Cattiva!
«Si, è vero, però posso dire che riguarda il superare dei traumi dell’infanzia che non ti fanno diventare grande.»
Parliamo di questa tua presenza al Social World Film Festival, il tema è l’amore a tutto tondo, e prendendo una tua dichiarazione a un noto giornale, dici, l’amore è come un gelato bisogna abituarsi a un solo gusto e resistere a nuove tentazioni…
«Sì, una cosa così, cioè è detta in maniera un po’ frivola, però è quello. All’inizio c’è la passione e altro, è un impegno amare qualcuno, è vero, ci sono mille tentazioni e ci sono mille problemi all’interno di una coppia, ed è facile andare a cercare le cose altrove, però, poi è un lavoro anche quello. Se uno tiene a qualcosa si deve impegnare, a volte è più facile sfuggire, che affrontare quando ci sono i problemi, più uno non li affronta e più poi diventano insormontabili.»
Cosa ama Euridice Axen?
«L’amore in sé, sotto varie forme e non solo sentimentale.»
Conoscevi questo festival?
«No, non lo conoscevo come tanti altri festival, purtroppo sono talmente tanti che, spesso uno non ne viene a conoscenza, mi dispiace rimanere solo pochi giorni.»
Quanto un festival può far avvicinare i giovani al cinema e al sociale?
«Molto, perché ho visto la semplicità con cui viene affrontato il tutto. Non è un festival molto sfarzoso, oggi, per esempio, sono stata con Giorgia Wurth alla presentazione del suo libro e le persone sono state molto attente, mi sembra che siano anche i giovani predisposti, sanno che vengono qui, hanno un’ottica diversa, non per vedere magari il personaggio, quindi già arrivano nel modo giusto. Affrontare delle tematiche sociali, non significa per forza annoiare, perché altrimenti è più difficile, ma il tutto mi sembra venga fatto con la giusta dose anche di divertimento, che aiuta alla comprensione.»