«Questi passi piccoli di Michele Bravi sono tutt’altro che brevi e felpati» dice Carlo Verdone presentando il disco del vincitore dell’ultimo X Factor. Lo fa sentendo suo tutto il disco, A Passi Piccoli, perché come dice il giovane protagonista, «si è avvicinato a me da musicista e da consigliere».
Da quando è finito X Factor lo scorso dicembre, Michele Bravi si è saggiamente messo da parte, ha imparato tecniche e trucchi del mestiere, si è affidato al produttore Michele Canova e ha sfornato solo questo mese un disco completo, adatto alla sua età e che è soprattutto il primo passo coerente di una carriera tutta da costruire.
Come descriveresti questo periodo?
«Un lavoro di ricerca in cui mi dovevo ancora scoprire e per farlo mi sono preso il mio tempo, prendendo anche rischi evitando di cavalcare l’ondata di popolarità immediata. Dopo la vittoria inaspettata mi sembrava irrispettoso fare le cose precipitosamente. Ho avuto la fortuna di incontrare grandi firme che mi tendono la mano in questo disco. È la sintesi perfetta di quello che volevo pubblicare, perché c’è anche il mio primo brano da autore.»
Tiziano Ferro, Luca Carboni, Tiromancino e James Blunt. Ti hanno cercato loro?
«Mi sono stati proposti direttamente tutti i brani di questi autori e mi era difficile rifiutarli visto che mi aiutavano a non presentarmi da solo al pubblico. Abbiamo fatto una ricerca sulle sonorità senza perdere la spontaneità delle collaborazioni. Ho anche capito che la mia idea di disco orchestrale non era fattibile, l’ho capito grazie al produttore. Appartiene ad altri tempi, sembrava anacronistico, così mi sono avvicinato anche all’elettronica che finora avevo visto dall’alto, e poi tutto il processo mi ha rapito. Il disco è un mio tentativo di descrivere la mia evoluzione di questi mesi, infatti entrare nel disco significa vedere la differenza tra i primi e gli ultimi pezzi che ho inciso.»
“Bene Per Sempre” porta anche la firma di David Sneddon…
«Sì, lui è dietro ai grandi successi di Lana Del Rey ed è un pezzo molto nuovo con chitarra e accordi classici ma rivestito di moderno. È un impegno portare dentro il mio mondo sonorità estere, è il passo migliore che potessi fare e spero piaccia. C’è anche “Serendipity” di James Blunt di cui sono onorato, non l’ho toccato, dopo un primo tentativo di adattarlo in italiano, sarebbe come correggere un’opera d’arte. Non ci siamo incontrati ma ho avuto feedback positivi.
La tua amicizia con Carlo Verdone ormai è risaputa.
«Sì, lui voleva capire come lavora un musicista giovane e dopo che mi ha fatto scoprire Scott Walker gli devo tanto. “Sotto Una Buona Stella“ è stato scritto da Tiromancino per il suo film e l’ho messa nel disco.»
L’album si chiude con la tua penna, “Prima di Dormire”. Come l’hai scritta?
«Non è nato come un pezzo da inserire, sono pudico ed è stato un flusso di coscienza. Non aveva geometria classica, è uno sfogo ma poi il riscontro è stato davvero buono e pur non avendo struttura è una canzone che è piaciuta molto a Canavo che mi ha incoraggiato. Se mi danno la possibilità di fare un secondo disco, ripartirò da questo brano.»
Che effetto ti fa lavorare con cantautori affermati?
«Tiziano Ferro è il padre nascosto del disco perchè la sua volontà era di farmi camminare da solo ed è una qualità dei grandi, quella di non imporre. Zampaglione invece ha scritto questa canzone cantautoriale classica italiana in 20 minuti che è un modo piccolo di dire “ti amo” e non ha bisogno di grandi ripetizioni. Con Luca Carboni ho invece esitato un po’, perché lui voleva che facessi questo adattamento di una poesia di Pablo Neruda che io pensavo fosse troppo prematura. Poi in una telefonata lunga mi ha convinto: è bello che un ventenne possa cantare cose d’amore così.»
Ripensandoci ora, cos’è stato per te il X Factor?
«È strano che sia io a dirlo, ma per il modo in cui si lavora realmente, il talent è una cosa che mi spaventa perché è un laboratorio fantastico e ti insegna il confronto col pubblico. Ma non è un trampolino, almeno io l’ho inteso in maniera diversa. Una volta usciti inizia il vero mestiere.»
E come mai Morgan, che è stato il tuo maestro nel programma, non compare tra gli autori?
«Ci scambiamo dischi e opinioni, mi ha seguito da lontano. Lui ha un modo di scrivere molto particolare che abbiamo convenuto non fosse adatto a un mio primo disco. Scrive testi e melodie complesse e ne è consapevole, lo sento spesso ed è presente in quello che faccio in maniera latente.»