Gli intenti erano chiari per i Moody fin da quando la loro Let’s Party l’anno scorso ha fatto il giro d’Europa grazie allo spot della Fiat Punto. I Moody, che di recente hanno pubblicato “Oltre le apparenze”, hanno fatto del party rock una bandiera, grazie anche all’intensa attività live. «le persone che vengono a vederci – dice il cantante DiMo (Mariano Di Monte, autore dei testi della band) ci dicono che sono incuriositi e attratti dalla nostra musica che non ha una direzione unica. Ci piace spaziare». In ogni caso anche il nuovo album “Oltre le Apparenze”, mette in rilievo la loro attitudine a differenziarsi, sia dal popolo affollato degli indie che dalle proposte più commerciali.
C’è la cover “I got you under my skin”, la danza ipnotica di Ipnosi, una cover di Adriano Celentano. «Abbiamo messomolto impegno nell’arrangiamento – dice il cantante – e ci piacerebbe evolvere come band dai testi importanti, ma verrà col tempo. Non abbiamo fretta di dimostrare tutto subito».
I Moody sono attivi da vari anni, “Oltre le apparenze” è il secondo disco, ed è il primo autoprototto. DiMo mostra orgoglioso il packaging che sono riusciti ad ottenere anche con il crowdfounding con cui hanno chiesto ai sostenitori in internet di uscire sul mercato. «Ci piace essere commerciali ovviamente – dice il bassista Emanuel Bisquola – perché ci mette in contatto potenzialmente con più persone. E non c’è niente di male a essere positivi e rockettari, nonostante abbiamo delle esperienze diversissime in tribute band dei grandi del rock». Sognano un support act con Negramaro («crediamo che siano sulla stessa nostra trama, gli ascoltatori si divertirebbero») ma in omaggio al loro nome (che in inglese indica una persona lunatica) rifanno dal vivo anche cover new wave e dintorni, come Personal Jesus dei Depeche Mode. «Se sei cresciuto negli anni Ottanta – dice il bassista – non c’è verso che possano cambiare le tue ispirazioni. In più, lo stile ritmico del basso non ha molti riferimenti storici e quindi di quel periodo credo che nella nostra composizione si senta l’enfasi dance e il gusto ritmico». Con Francesco Calabretti, il batterista, Emanuel forma una solida base ritmica che nei Moody è il cuore dei pezzi trascinanti: «Ho suonato sempre in formazioni con le più diverse influenze musicali – dice il batterista – e per anni sono stato in tour con Papa Winnie. Quindi nel modo in cui vengono fuori i nostri pezzi c’è anche un richiamo reggae».
Genuini, di belle speranze e molto generosi con gli ascoltatori e con chi si interessa al loro mondo, i Moody devono molto alla tenace inventiva di DiMo, l’anima della band che si occupa anche di uno studio di registrazione milanese. È lui che dal vivo, ci dice, fa amicizia con tutti e coinvolge i fans in feste e chiacchiere post concerto. «Non ci sono barriere, io nel mio piccolo cerco sempre di ascoltare le impressioni di chi ci viene a sentire, cerco lo scambio, la parola, l’opinione perché può essere importante anche per tutta la band capire cosa le persone pensano di noi». Una sensibilità che non tutti i musicisti e perfomer lasciano emergere e che traspare anche quando DiMo ci parla di un progetto con i bambini e la musica che lo aiuta molto anche nella carriera di musicista: «Si impara molto dalle reazioni dei bambini, io applico un metodo americano nuovo con loro, che prevede stimoli sonori riproducendo e facendo ascoltare brani anche a età molto piccola. Poi sono convinto che l’educazione all’ascolto sia una base per la crescita culturale di questo paese. Per sfortuna la musica al momento non è considerata una priorità in Italia».