Si è spento oggi, 4 luglio 2014, lo scrittore, attore e cantante torinese Giorgio Faletti. Poco tempo fa aveva lasciato ai suoi fan un messaggio sul suo sito ufficiale:
“Cari amici, purtroppo a volte l’età, portatrice di acciacchi, è nemica della gioia.
Ho dovuto a malincuore rinunciare alla pur breve tournée per motivi di salute legati principalmente alle condizioni precarie della mia schiena, che mi impedisce di sostenere la durata dello spettacolo.
Mi piange davvero il cuore perché incontrare degli amici come voi è ogni volta un piccolo prodigio che si ripete e che ogni volta mi inorgoglisce e mi commuove.
Un abbraccio di cuore.”
Giorgio
Faletti era ricoverato all’Ospedale Molinette e aveva annullato il suo tour e i vari impegni proprio a causa delle sue condizioni di salute.
Facile è ricordare e sottolineare i motivi per cui il pubblico lo amava tanto: aveva iniziato con la musica (aggiudicandosi anche un secondo posto a Sanremo) e alla musica era tornato nonostante avesse iniziato a scrivere romanzi destinati poi a diventare best seller.
Il suo primo thriller, infatti, intitolato “Io uccido” pubblicato nel 2002 stupì così tanto critica e pubblico da vendere più di 4 milioni di copie, venne tradotto inoltre in moltissime lingue.
Nel 2004, dopo aver superato senza difficoltà un ictus che fortunatamente non gli fece riportare conseguenze serie, presentò al pubblico il suo secondo romanzo: “Niente di vero tranne gli occhi”.
Un anno dopo vinse il Premio Lettario La Tore Isola d’Elba.
Tanti i successi legati anche a programmi televisivi e a film a cui aveva partecipato, tanti quelli legato alle sue raccolte di racconti come “Pochi inutili nascondigli” e, ancora, ai romanzi come “Io sono Dio”, “Appunti di un venditore di donne”.
Il 4 novembre 2011 è stato pubblicato quello che da oggi risulterà essere il suo ultimo romanzo: “Tre atti in due tempi”, lavoro per cui io stessa ho avuto il piacere e l’onore di dialogare con lui.
Voglio ricordare Giorgio Faletti con tre risposte estrapolate dall’intervista che ebbi il piacere di fargli nel gennaio del 2012.
Sei attivo in molti campi: comico, cinematografico, musicale. Quale ritieni ti appartenga di più?
«Nonostante le apparenze, resto dell’idea che la mia più grande passione sia quella di fare musica. La musica è una arte che ti muove dentro e fuori. Penso che niente riesca ad agire sugli uomini come la musica. In tutti questi anni ho continuato per mia personale passione a scrivere testi musicali. Nell’ultimo album di Mina, uscito da pochi giorni, c’è una mia canzone. L’ho scritta in onore di una mia amica architetto morta nella tromba di un ascensore. Ho fatto ascoltare a Mina che è un’amica e le è piaciuta tantissima. Il brano apre l’album “Piccolino”. Si intitola “Compagna di viaggio”.»
Sei diventato famoso in tutto il mondo grazie al romanzo “Io uccido”. Quando potremo vedere la trasposizione cinematografica di questo capolavoro?
«Ho venduto i diritti a De Laurentis una decina di anni fa circa. In questo momento però lo stesso sempre essere più interessato al Napoli che al mio libro. Ma comunque spero che, non avendoli pagati mica poco, si decida a iniziare il lavoro molto presto…»
Ogni cosa che tocchi, diventa oro. Finora non ti è andato male mai niente. Come ci riesci?
«Porto avanti molte cose: perché sceglierne una sola quando ho il tempo e la forza di farle tutte? Pensa che ora mi sono messo anche a dipingere: ogni anno il giorno del mio compleanno mi regalo un quadro. Il 25 novembre a Bologna c’è stata una mostra di opere mie. Non pubblicizzo molto la cosa in giro, non mi interessa che tutti lo sappiano. Mi piace solo farla.»