
© ivan nocera per teatro di Napoli
Al Teatro San Ferdinando di Napoli è di scena De Rerum Natura di Fabio Pisano tratto da Tito Lucrezio Caro, per la regia di Davide Iodice, con (in o.a): Aida Talliente, Ilaria Scarano, Carolina Cametti, MariaTeresa Battista, Greta Domenica Esposito, Sergio Del Prete, Wael Habib, Giovanni Trono, Marco Palumbo, Emilio Vacca, e con la partecipazione straordinaria di ORCHESTRÌA (progetto speciale di musica inclusiva dell’associazione FORGAT ODV all’interno della Scuola Elementare del Teatro – Conservatorio Popolare per le arti della scena); una produzione Teatro di Napoli-Teatro Nazionale (repliche fino a domenica 16 marzo).
Dopo il debutto alla rassegna Pompeii Theatrum Mundi 2024 nello scorso mese di giugno, dove ha registrato un notevole successo, arriva nella stagione del Teatro Nazionale di Napoli De Rerum Natura che il giovane drammaturgo Fabio Pisano ha adattato per la scena dal suo testo De Rerum Natura [There is no planet B], in uscita in questi giorni per la casa editrice Editoria & Spettacolo.
«Si tratta di un racconto – ci spiega l’autore – in sei episodi sul rapporto tra uomo e natura nel nostro contemporaneo. Il titolo è ispirato all’opera didascalica in versi del poeta latino Lucrezio; opera che ha rappresentato il punto di partenza intorno cui sviluppare la drammaturgia: sei “libri”, un prologo, un interludio e un epilogo, in cui prevale la forma dialogica.” Una problematica che non poteva non suscitare l’interesse del regista Davide Iodice, da sempre fautore di un teatro impegnato che ha come fulcro poetico-narrativo la diversità, che infatti scrive: “È un tema coltivato già dai tempi dell’Accademia d’Arte Drammatica, tra i materiali che il mio maestro Andrea Camilleri mi suggeriva ad ispirazione. E in effetti prima che il teatro decidesse al posto mio, avevo immaginato un futuro come etologo o naturalista. I temi del De rerum precipitano fragorosamente in questo tempo e la voce di Lucrezio mi pare sovrapporsi a quella di una ragazzina svedese, diagnosticata come Asperger, e inverarsi nella sua sensibilità dolorosa; a quella di Julia “butterfly” Hill e la sua resistenza anticapitalistica al cinismo distruttivo delle majors; a quella delle donne dell’isola di Lesbo, con la loro pietas per dei figli di altre madri, di altri paesi; a quelle dei braccianti delle nostre terre infette che “sudano sangue” sfruttati dai nostri speculatori».
Un terreno sterile, il relitto di una barca, un podio destinato a grandi discorsi, una sequoia ancora in piedi, un piccolo ovile: sono questi i luoghi su cui si apre la scena dello spettacolo che si dipana come una sequenza di situazioni intrecciate fra di loro e agite da un’umanità varia, dai nuovi schiavi oppressi ai noncuranti sfruttatori, dalle autorità poco autorevoli alle voci contro di chi urla l’urgenza di un cambiamento. E poi, ancora, le madri umane e animali che col loro amore dànno forma alla rivolta. Già, perché qui si intuisce chiaramente che il futuro è nella visione della Donna, anch’essa femmina come la Terra e la Natura che, umiliata e ferita, fa da raccordo alle varie scene. È una visione poetica – nel senso più nobile del termine – sul tema dell’ecologia quella che Davide Iodice ci restituisce con questa messa in scena dirompente, struggente, a tratti onirica. Uno spettacolo dal forte impatto emotivo e visivo, grazie alle scene, maschere e pupazzi di Tiziano Fario, ai costumi incantevoli di Daniela Salernitano e alle luci di Loïc François Hamelin. Una presa di coscienza che ci costringe a fare i conti con le nostre abitudini quotidiane e a chiederci se non sia più giusto agire ciascuno nel suo piccolo anziché aspettare provvedimenti inadeguati calati dall’alto. Fino a raggiungere il punto più alto di drammaticità e commozione col monologo della mamma orsa alle prese col cacciatore assassino del figlio. Una grande compagnia di interpreti talentuosi ed efficaci è qui impegnata a dare, con la loro voce e la loro fisicità, concretezza alla bellezza del linguaggio di Iodice.