«L’ispettore generale conduce in un mondo in cui l’ingiustizia e il sopruso dominano l’esistenza. Ma non è l’uomo ad essere malvagio, è la società che lo rende corrotto e corruttore, approfittatore, sfruttatore ed imbroglione» Leo Muscato
Il Teatro Bellini di Napoli ospita fino al 23 febbraio L’ispettore generale di Nikolaj Gogol, adattamento e regia di Leo Muscato con Rocco Papaleo. Completano il cast in rigoroso ordine alfabetico: Elena Aimone, Giulio Baraldi, Letizia Bravi, Michele Cipriani, Salvatore Cutrì, Marta Dalla Via, Marco Gobetti, Daniele Marmi, Mauro Parrinello, Michele Schiano Di Cola, Marco Vergani. Le musiche originali sono di Andrea Chenna, le scene di Andrea Belli, i costumi di Margherita Baldoni e le luci di Alessandro Verazzi.
Nella Russia del 1826, la cui capitale era San Pietroburgo e non Mosca, lo zar Nicola I della dinastia dei Romanov, all’indomani della fallita rivolta decabrista, istituì la Terza Sezione con lo scopo di controllare la vita e l’operato dei sudditi limitandone il pensiero libero, critico, occidentalizzante e perseguitando le classi più elevate alle quali appartenevano scrittori come Dostoevskij, Puskin, Turgenev e lo stesso Gogol. Pertanto quest’ultimo si vendicò scrivendo questa commedia satirica che è uno dei più grandi capolavori della drammaturgia russa anche se all’epoca non fu accolta da critiche positive suscitando polemiche e malumori tra gli spettatori e un profondo dispiacere nell’autore.
In una sperduta cittadina della Madre Russia il podestà (Rocco Papaleo) informa i suoi concittadini dell’arrivo imminente di un ispettore generale con l’incarico di relazionare agli uffici competenti eventuali irregolarità e omissioni. Dal momento che ciascuno dei funzionari pubblici ha qualche scheletro nell’armadio, la parola d’ordine è: omertà.
Bobrinskij (Michele Cipriani ) e Dobsinsky (Michele Schiano Di Cola), due squattrinati signorotti del luogo credono di averlo individuato in un uomo che da qualche giorno è ospite in una locanda. Ma Chlestakov, questo è il suo nome (Daniele Marmi) è soltanto un giovanotto che ha accumulato debiti di gioco e con il suo fidato servitore Osip (Giulio Baraldi) si fa beffe dei sempliciotti funzionari accettando soldi, pasti prelibati e perfino la mano della figlia del podestà (Letizia Bravi) con la benedizione della madre (Marta Dalla Via) onorata di darla in sposa finalmente ad un buon partito.
Chiarito a fatica l’equivoco tra situazioni bizzarre e tanto umorismo la commedia termina con l’annuncio che il vero ispettore generale sta per arrivare nella cittadina. Come si comporteranno stavolta i suoi sprovveduti ed ingenui abitanti?
La commedia, ben adattata e recitata ha un impianto corale dove tutti i personaggi affiatati tra loro, descrivono una situazione attualissima: i meccanismi del potere esercitati su una sorta di compromesso tra Stato e società dove il primo che dovrebbe tendere al soddisfacimento delle reali necessità dei sudditi/cittadini si converte in spauracchio burocratizzato e la società è pronta a corromperlo pur di non rinunciare a quel poco benessere mal distribuito.
Rocco Papaleo è sorprendente nei panni del podestà. Cauto e persino a tratti timido cerca in tutti i modi di ingraziarsi i favori del presunto ispettore generale con una rara capacità di persuasione per il tornaconto personale. Ottimo il suo rapporto con Daniele Marmi padrone della scena ed istrionico. Bravissimi anche gli altri interpreti dal credibilissimo Giulio Baraldi al postino ubriacone Marco Brinzi, da Marco Gobetti, Marco Vergani, Gennaro Di Biase e Salvatore Cutrì rispettivamente nei ruoli del giudice, del direttore scolastico balbuziente, del responsabile delle opere pie di carità, del mercante che fiuta affari. Bravissima anche la componente femminile del cast ovvero Elena Maimone (cameriera-dottoressa-vedova), Marta Dalla Via e Letizia Bravi perfette nei ruoli della moglie e della figlia del podestà.
La scenografia, con le casette innevate e con al centro una costruzione in legno polifunzionale su ruote per i diversi ambienti, i costumi tradizionali con tanto di colbacco e pellicce e le musiche che richiamano alla tradizione russa, accompagnano lo spettatore in questa cittadina.
Bellissima ed evocativa la scena che vede tutti gli attori muoversi come marionette sul palco al fine di sottolineare il forte legame col potere censorio esercitato purtroppo anche ai nostri giorni.
L’ispettore generale è uno spettacolo da vedere e da gustare. Leo Muscato ha riaffermato le parole di Rabelais: «Meglio di risa che di pianto scrivere perché il ridere è soprattutto cosa umana». E i personaggi della commedia pur stimolando riflessioni profonde lo fanno con leggerezza e con il sorriso sulle labbra.