Se potessimo pensare ad un disco come summa di vita, allora dovremmo mettere sul piatto questo vinile di straordinaria potenza narrativa. Perché in fondo, Massimo Priviero, ha sempre saputo raccontare storie con un piglio denso di fascino roots, americano, con una dannazione “blues” a contorno, con quel romanticismo degli addii e dei ritorni. “Diario di vita” è il suo nuovo disco, lavoro di potenza visionaria dentro cui c’è la vita, l’amore, le partenze e i ritorni di un grande come Massimo Priviero. Sul sito, mettetevi in cerca: ci sono i podcast audio dentro cui il nostro ci racconta questo nuovo disco brano per brano… ed il viaggio non finisce mica qui…
I tuoi dischi sono sempre di memoria e di storia… ma anche di politica, non di partito ma di senso alto del termine. Ti trovi?
Può starci. Politica è un termine che in senso alto, come tu dici, può significare ancora molto nel nostro mondo. Non ho mai avuto partito, per quanto possa identificarmi con certi valori. Ma son sempre stato troppo scomodo e troppo libero per essere timbrato. Ho pagato con piacere anche un prezzo per questo. Ma era logico che accadesse.
Hai un suono decisamente proprietario, riconoscibile… hai un qualche modo di produrre il suono che hai fissato nel tempo? Macchine e pre-set definiti?
Ho testa e anima. Chitarre e pianoforte. Ottimi musicisti che traducono quel che gli dico. Un tecnico del suono in gamba che lavora con me da tanto tempo. Il suono che si genera è quasi sempre quel che ho in testa già dalla scrittura e nella composizione. Considero che l’ottanta per cento di qualsiasi cosa, se questo è buono, è già nell’armonia, nella melodia e nel testo che scrivi. E nella voce naturalmente. Quel che si aggiunge è il venti per cento che serve a dargli la botta in più che serve.
L’elettronica? Arriverà mai nelle tue corde?
Ah ah! C’è n’è già anche troppa per i miei gusti! Ma, più seriamente, ognuno usa quel che pensa possa servirgli. Credo sempre più nell’essenzialità. Nel mio caso, non in assoluto, quel che tu chiami elettronica ha in quel che faccio una valenza minimale se vuoi, ma c’è n’è abbastanza. Pure spero che si senta il meno possibile anche se andrebbe prima definito di cosa parliamo. Certo, il suono che spesso gira intorno deve restare il più distante possibile dalle mie giornate.
E dunque il podcast, un timido ponte che ti porta nelle nuove abitudini. Trovi che il linguaggio di un artista debba aggiornarsi in qualche modo o debba restare ancorato al suo credo, al suo tempo? Testimonianza storica o modernamente e mode?
Perché timido ponte? Perché nuove abitudini? Ho già fatto podcast negli anni passati. Mi stimola e mi piace farli. Chi mi è vicino li apprezza. Sono suggestioni. Immagini. Frammenti di vita tra ieri e oggi. Penso anche di avere una buona penna per scriverli. Ho pure due lauree che mi porto dietro che magari aiutano in una sintassi. Forse anche questa cosa non va di moda? Dovrei pentirmene e adeguarmi al tempo dell’idiozia imperante che viviamo? Cacchio, non ce la faccio. Magari in una prossima vita!
E se questo non è il migliore dei mondi possibili… qual è secondo Massimo Priviero?
Sai, dovrei semplicemente dirti di un mondo più giusto, più libero e più in pace. Facile no? Ma ingiustizia c’è sempre stata e guerre ci son sempre state. Giusto? Per cui ora parlo per me. Ho bisogno di salvare dei valori in cui credo. Ho bisogno sempre di coraggio e di libertà. Che sono padri e madri di una felicità. Non lo dico io ma l’han già detto uomini saggi mille e più anni fa. Vivo e lavoro per essere toccato il meno possibile da quanto di vano e spesso di infame mi gira intorno. Vivo in modo laterale e distante anche rispetto a quel che chiameresti il mio mondo. Indifferente anche a certa fama e a certo successo. Così salvo la mia esistenza. Respiro, sorrido e piango. Cado e mi rialzo. La tua vita può essere bellissima. Ma serve che spesso tiri su anche un sano muro per difenderla.