Il Teatro Nuovo di Napoli apre il 2025 con la tragedia Le Troiane (In Guerra per un Fantasma) tratto da Euripide, Sartre e Seneca, con Imma Villa, Mariachiara Falcone, Cecilia Lupoli, Serena Mazzei, adattamento e regia di Carlo Cerciello; una co-produzione Anonima Romanzi Teatro Elicantropo e Fondazione Teatro Due di Parma (repliche fino a dom. 12 gennaio).
La tragedia de Le Troiane, scritta nel 415 a. C. da Euripide è considerata il prototipo del racconto della Grande Storia tramandato ai posteri dal punto di vista dei vinti. Qui nulla di eroico o epico viene celebrato sulla guerra che per dieci anni vide i Greci cingere d’assedio Ilio, la più ricca e potente città asiatica dalle mitiche mura impenetrabili, e distruggerla solo in seguito ad un astuto inganno ordito da Odisseo. A differenza del famoso poema omerico, Euripide sposta l’azione a guerra già conclusa, dando la parola alle donne che l’hanno persa, insieme ai loro mariti e ai loro figli; due volte vinte perché hanno perduto gli affetti e la Patria e perché le attende un triste destino di schiave-concubine dei vincitori. La novità del modo di trattare il mito e la profondità psicologica dei personaggi – che oggi definiremmo “così moderna” – diede vita ad una serie di rifacimenti che, a partire da Seneca, dall’età antica sono arrivati fino al teatro contemporaneo, facendovi cimentare anche grandi francesi come Sartre e Giraudoux.
«Le Troiane, – ci informa Cerciello – pur conservando la tematica principale della disumanità e dell’ingiustizia della guerra che non risparmia né vinti né vincitori, abbandona i confini netti tra vittime e carnefici per indagarne le zone grigie. Lo stesso Euripide delineò una Elena innocente nella tragedia omonima del 412 a. C. La Tindaride, infatti, non aveva tradito il marito, poiché nel letto di Paride, la dea Era aveva messo un simulacro: la guerra, dunque, si sarebbe combattuta per un fantasma. Elena, pertanto, è solo un pretesto, una fake news, uno strumento di propaganda guerrafondaia, ma è anche vittima della sua stessa bellezza, l’icona, cioè, di una visione fallocratica che l’ha condannata ad un’esistenza di pregiudizi»
Il messaggio che sta alla base dello spettacolo, cioè di imparare dagli orrori del passato per non ricommetterli, arriva forte e chiaro grazie alla lucida (come sempre) visione di Carlo Cerciello – tra i maggiori registi del Teatro italiano – che però si mostra sfiduciato dall’odierno quadro dei conflitti internazionali, primo fra tutti quello israelo-palestinese, quando dice: «Quel messaggio, purtroppo, per noi contemporanei è solo carta straccia e oggi, quel testo in cui Euripide denunciava la disumanità e l’ingiustizia della guerra sfiora appena le nostre narcotizzate coscienze. I frullatori mediatici sono fatti apposta per triturare il tragico, riducendolo ad una pilotabile controversia tra ragione e torto, che si risolve sempre a favore del più forte in campo». Tuttavia, una messa in scena del genere è oggi più che mai necessaria per comprendere l’universalità della tragedia che pervade ogni conflitto.
Il lavoro di cesello fatto per integrare i vari testi restituisce una ricchezza e varietà di temi e di tipi umani le cui parole violente, dirette, lapidarie scuotono anche le coscienze più sopite. In una scena divisa in due, troviamo in basso Ecuba, Cassandra e Andromaca che si lamentano, maledicono e invocano giustizia, mentre in alto, quasi eterea, una Elena/Marilyn infantile e smaliziata, strumento degli dèi per scatenare il conflitto e perciò ella stessa prima vittima di guerra. Quattro grandi attrici, Imma Villa, Mariachiara Falcone, Cecilia Lupoli e Serena Mazzei danno voce e corpo a questi personaggi monumentali scavando nel profondo la psicologia di quattro donne diverse per età, vissuti e indoli ma accomunate da uno stesso tragico destino. Ancora una volta, uno spettacolo ricco di umanità, emozioni e di spunti di riflessione offerto dalla fervida arte di Carlo Cerciello.