«Il carcere è come una giungla amazzonica, come un paese in guerra , un’isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi». Daria Bignardi
L’ultimo scritto di Daria Bignardi si intitola Ogni prigione è un’isola, Ed. Mondadori, Collana Strade blu, pag.165. Da più di trent’anni la nota giornalista, scrittrice e conduttrice si occupa del problema carcere essendo un articolo 78 cioè una persona che collabora in modo volontario e non retribuito alle attività culturali che si svolgono negli istituti di pena. (Per ironia della sorte la Bignardi abita attualmente nei pressi del carcere di san Vittore a Milano e negli anni giovanili vicino alla casa circondariale Costantino Satta di Ferrara).
A pag.9 Daria Bignardi scrive: «É parecchio tempo che cerco di scrivere questo libro. L’ho iniziato ed interrotto molte volte perché qualcosa dentro me fa resistenza. Scrivere un libro significa infilarsi dentro un’ossessione dalla quale non si esce mai, neanche mentre si dorme.[…] E io so che in carcere si sta male ma dentro le prigioni c’è l’essenza della vita: il dolore, l’amore, l’amicizia, la malattia, la povertà, l’ingiustizia…”
Fortunatamente per noi lettori Daria Bignardi lo ha scritto soggiornando nell’isola di Linosa in un’estate torrida e livida perché dobbiamo comprendere le sofferenze alle quali vengono esposti i detenuti e insistere affinché la politica non possa più ignorare la necessità di un cambiamento . Oggi , dispiace dirlo, la detenzione si coniuga con la vendetta sociale e il carcere così come è concepito tradisce i principi costituzionali che sollecitano la rieducazione del carcerato e il suo pieno inserimento nella società civile.
Con la sua prosa lineare e coinvolgente Daria Bignardi ci guida con maestria all’esplorazione dei tanti problemi che affliggono il sistema carcerario italiano quali: affollamento, strutture inadeguate e fatiscenti, torture e pestaggi (come provano purtroppo i recenti episodi avvenuti a Santa Maria Capua Vetere), reclusione di mamme con bambini piccoli, ribellioni, rivolte, suicidi.
Daria Bignardi ha raccolto in questi anni storie e testimonianze non solo da parte di ladri, spacciatori, assassini, mafiosi e terroristi ma anche lo sfogo sincero degli agenti di polizia penitenziaria, giudici e direttori di istituti. Da tutto questo materiale si evince che il problema è serio e necessita di soluzioni urgenti. Una società che si definisce civile non può più sopportare questo stato di cose. Molto è stato fatto, ad esempio nel carcere di Bollate che è uno dei migliori in Italia ma la strada è ancora lunga da percorrere affinché coloro che hanno sbagliato siano incoraggiati e sostenuti a cambiare vita, ad avere fiducia in se stessi e a fornire alle nuove generazioni esempi di riscatto e di pentimento.
Nel libro non manca quel tocco autobiografico che fa percepire al lettore il fatto che si stia parlando di cose concrete. Infatti Daria Bignardi racconta gli incontri di sua figlia Emilia con il nonno Adriano Sofri che ha pubblicato lo scorso anno sul Foglio un ricordo di quelle visite con parole toccanti, quando la sua nipotina ha compiuto 20 anni.
“Chi non è stato in galera non può immaginare la pena e l’infamia ma gli è altrettanto difficile , e forse più, immaginare il ben che vi si trova e i bei ricordi che ne restano.[…]A colloquio i miei familiari vennero a trovarmi con una bambina nata da poco e poi, ad intervalli regolari, potetti vederla imparare a camminare…” (pag. 59-60).
Anche a noi di Mydreams come a Daria Bignardi , è rimasta impressa una frase dalla prefazione scritta da Norman Mailer per il libro Nel ventre della bestia di Jack H. Abbott: «Quando audaci e timidi sono obbligati a vivere insieme, il coraggio si trasforma in brutalità e la timidezza in tradimento». E sappiamo bene come va a finire in carcere.